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Alex Face : Quando Bangkok incontra Monet

Pubblicato il: 4 Ottobre 2025

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 9 minuti

Alex Face crea murales e tele dove si muovono bambini dai sguardi prematuramente invecchiati, vestiti con costumi da animali. Questo artista thailandese mescola street art e riferimenti alle vanità barocche, interrogando il nostro rapporto con la mortalità e le mutazioni ambientali contemporanee.

Ascoltatemi bene, banda di snob: Patcharapol Tangruen, detto Alex Face, sta ridefinendo l’arte contemporanea asiatica con una brutalità poetica che vi farà dimenticare le vostre certezze estetiche. Questo cinquantenne thailandese, nato nel 1981 nella provincia di Chachoengsao, maneggia il pennello e la bomboletta spray con una destrezza che farebbe invidia ai maestri del Rinascimento. Ma non fraintendetelo: la sua arte non è una semplice dimostrazione tecnica. È un grido d’allarme lanciato dai vicoli di Bangkok, un memento mori contemporaneo che interroga la nostra condizione umana con la delicatezza di un bisturi e la forza di un uragano.

Da quando la paternità lo ha colpito nel 2009, Alex Face ha abbandonato i suoi autoritratti narcisisti per creare Mardi, questo personaggio emblematico che ora abita i muri di tutto il mondo. Questo bambino dallo sguardo prematuramente invecchiato, vestito con un costume da coniglio logoro e dotato di un terzo occhio onnisciente, incarna tutta la complessità della nostra epoca. In questa figura apparentemente innocente si nasconde una profondità filosofica che ci rimanda direttamente alle vanità olandesi del XVII secolo e alle innovazioni rivoluzionarie dell’impressionismo francese.

Un memento mori contemporaneo

L’opera di Alex Face si inserisce in una tradizione artistica antica e inquietante: quella delle vanitas, genere pittorico che emerse nei Paesi Bassi nel XVII secolo per ricordare agli spettatori la vanità dei piaceri terreni e l’inevitabilità della morte. Quando i maestri olandesi come Pieter Claesz o Harmen Steenwijck disponevano teschi, clessidre e fiori appassiti sulle loro tele, cercavano di moralizzare i loro contemporanei arricchiti dal commercio marittimo [1]. Alex Face riprende questa tradizione ma la trasporta nel nostro mondo contemporaneo con un’acuità notevole.

Mardi, il suo personaggio feticcio, funziona esattamente come questi memento mori barocchi. Non è un caso che l’artista abbia chiamato il suo bambino immaginario col nome di sua figlia: questa figura diventa il veicolo di un’angoscia esistenziale profonda. Come i simboli della mortalità nelle vanità olandesi, Mardi ci confronta con la nostra finitezza. Il suo sguardo stanco, i suoi tratti prematuramente invecchiati, il suo costume da animale vulnerabile, tutto contribuisce a rendere questo bambino un potente richiamo alla nostra fragilità.

Ma Alex Face va oltre i suoi predecessori fiamminghi. Dove le vanità tradizionali si limitavano a oggetti inanimati per trasmettere il loro messaggio, l’artista thailandese infonde vita nella sua allegoria. Mardi non è una natura morta: è una creatura vivente, respirante, che ci guarda con una saggezza dolorosa. Questa personificazione della vulnerabilità umana rende il messaggio ancora più incisivo degli ossuti teschi di una volta.

L’evoluzione recente del lavoro di Alex Face verso composizioni floreali direttamente ispirate alle vanitas olandesi conferma questa filiazione. Nella sua serie “Neon and Fire Vanitas” presentata alla Dorothy Circus Gallery nel 2024, l’artista associa il suo personaggio iconico a fiori in decomposizione, farfalle infuocate ed elementi dorati. Questa sintesi tra tradizione barocca ed estetica contemporanea dimostra una comprensione profonda dei codici storici del memento mori.

Il terzo occhio di Mardi, attributo mistico preso in prestito dalle tradizioni spirituali asiatiche, funziona come simbolo di chiaroveggenza verso il futuro. Se le vanitas olandesi usavano la clessidra per rappresentare il fluire del tempo, Alex Face impiega questo terzo sguardo per suggerire una percezione aumentata del nostro destino collettivo. Mardi vede ciò che rifiutiamo di ammettere: il degrado ambientale, l’ingiustizia sociale, il cammino inesorabile verso un futuro incerto.

Questa dimensione profetica distingue fondamentalmente Alex Face dalle vanitas tradizionali. Là dove i maestri olandesi predicavano la rassegnazione di fronte alla morte inevitabile, l’artista thailandese usa Mardi per allertare su pericoli evitabili. La sua vanità contemporanea non è fatalista: è un appello all’azione, un invito a cambiare rotta prima che sia troppo tardi. In questo senso, Alex Face attualizza brillantemente un genere secolare per le sfide del nostro tempo.

L’eredità impressionista: Dipingere la luce di Bangkok

La seconda filiazione maggiore di Alex Face lo lega a quella rivoluzione estetica che fu l’impressionismo francese. Questa connessione potrebbe sembrare improbabile: cosa può avere in comune un graffitista di Bangkok con Claude Monet che dipinge le sue ninfee a Giverny? Eppure, l’artista thailandese rivendica esplicitamente questa eredità e la dimostra con una coerenza sconcertante.

“Gli impressionisti non erano diversi dagli artisti di strada che dipingono graffiti su un muro”, dichiara Alex Face in una recente intervista [2]. Questa affermazione, che potrebbe sembrare una battuta, rivela in realtà una comprensione profonda dell’essenza rivoluzionaria del movimento impressionista. Come Monet e i suoi contemporanei che abbandonarono i loro atelier per dipingere all’aperto, Alex Face ha lasciato le gallerie per investire lo spazio urbano.

L’invenzione del tubo di vernice da parte dell’americano John G. Rand nel 1841 liberò gli impressionisti dai loro atelier, permettendo loro di catturare direttamente gli effetti fugaci della luce naturale [3]. La bomboletta spray svolge lo stesso ruolo liberatorio per Alex Face: gli offre la possibilità di creare istantaneamente, nell’immediatezza della strada, senza preparazione né artificio. Questa spontaneità tecnica avvicina fondamentalmente lo street art contemporaneo alla rivoluzione impressionista.

Ma la parentela va ben oltre gli strumenti. Alex Face condivide con gli impressionisti la stessa ossessione per la cattura dell’attimo presente. Le sue creazioni murali, sottoposte agli eventi climatici e alle interventi umane, possiedono la stessa fragilità che Monet cercava di cogliere nelle sue serie delle Cattedrali di Rouen o delle Meules. L’effimero diventa così parte integrante dell’opera, rafforzando il suo messaggio sulla precarietà dell’esistenza.

La mostra “Impressions” che Alex Face presentò a New York nel 2024 materializza brillantemente questa filiazione. L’artista vi trasporta Mardi in paesaggi direttamente ispirati ai maestri francesi, creando composizioni dove il suo personaggio iconico si muove tra ninfee alla maniera di Monet. Queste opere ibride dimostrano che la lezione impressionista resta viva: dipingere significa prima di tutto catturare la qualità particolare di un momento, di una luce, di un’emozione.

Questo approccio affonda le radici nell’esperienza personale dell’artista. Formatasi nella riproduzione di tele impressioniste in un’azienda thailandese, Alex Face ha imparato a decodificare la tecnica di questi maestri. “Ho dipinto molte riproduzioni e ho imparato molto. Ho persino cercato di mescolare esattamente gli stessi colori che usavano loro, ma ci sono quasi troppi colori in questi dipinti perché l’occhio li possa vedere,” confida [4]. Questa formazione tecnica gli permette oggi di dialogare alla pari con i suoi illustri predecessori.

Più profondamente, Alex Face ritrova lo spirito sovversivo originario dell’impressionismo. Quando i primi impressionisti esposero nel 1874, la critica li sommise a sarcasmi, rimproverando alle loro opere l’aspetto “incompiuto” e la tecnica “trascurata”. Alex Face riceve le stesse critiche da parte dei puristi dell’arte contemporanea che faticano a riconoscere la legittimità dello street art. Questa ricorrenza storica non è casuale: rivela che la vera arte disturba sempre i conformismi stabiliti.

Infine, come gli impressionisti che privilegiavano le scene della vita quotidiana rispetto alle grandi composizioni storiche, Alex Face trova ispirazione nell’ordinario di Bangkok. I suoi Mardi evolvono in ambienti familiari, mercati, viuzze e discariche, dando una dimensione poetica al prosaico. Questa democratizzazione del soggetto artistico, questa attenzione rivolta al banale trasformato in sublime, costituisce una delle eredità più durature dell’impressionismo.

La sintesi contemporanea: un’arte globale con radici locali

L’originalità di Alex Face risiede nella sua capacità di fondere queste due tradizioni apparentemente opposte, il memento mori barocco e l’edonismo impressionista, in una sintesi perfettamente contemporanea. Questa alchimia artistica produce un linguaggio visivo unico che parla simultaneamente agli amanti dell’arte asiatici e occidentali, ai conoscitori e ai neofiti.

Questa universalità non sacrifica mai la specificità culturale. Mardi porta in sé tutta l’identità thailandese: il suo terzo occhio richiama le tradizioni buddiste, i suoi costumi da animali rimandano alle credenze animiste locali, i suoi ambienti urbani riflettono la realtà sociale di Bangkok. Ma questi riferimenti particolari si articolano in un discorso comprensibile a tutti, toccando le preoccupazioni universali quali l’infanzia, la paternità, l’angoscia ambientale.

L’evoluzione tecnica di Alex Face accompagna questa maturazione concettuale. Partito dal semplice tag personale, il suo volto riprodotto sui muri della capitale, ha sviluppato un repertorio iconografico sempre più sofisticato. Le sue ultime opere, che mescolano pittura a olio tradizionale e tecniche di strada, testimoniano una maestria tecnica eccezionale. L’artista passa con facilità dal muro alla tela, dal grande formato all’opera intima, dimostrando che l’arte urbana può aspirare alla stessa eccellenza dell’arte accademica.

Questa polivalenza tecnica si accompagna a una coscienza politica acuta. Alex Face non si limita a decorare i muri: interroga le mutazioni della società thailandese. L’industrializzazione galoppante del suo paese natale, la scomparsa delle risaie a favore delle fabbriche, l’esodo rurale che svuota le campagne, tutti questi fenomeni trovano la loro traduzione visiva nell’universo di Mardi. Il bambino inquieto diventa il testimone privilegiato di un mondo in rapida trasformazione.

Il riconoscimento internazionale di cui gode oggi Alex Face, con mostre a Londra, New York, Roma e Los Angeles, non lo ha distolto dalle sue radici popolari. Fedele allo spirito dello street art, continua a dipingere nei quartieri svantaggiati di Bangkok, mantenendo questo dialogo diretto con la popolazione che costituisce l’essenza stessa dell’arte urbana. Questa fedeltà alle origini distingue Alex Face da molti artisti contemporanei tentati dalla borghesia del mondo delle gallerie.

Il suo percorso personale incarna perfettamente le trasformazioni dell’arte contemporanea asiatica. Formato nei codici occidentali ma nutrito di spiritualità orientale, urbano ma sensibile alle questioni ambientali, popolare ma tecnicamente sofisticato, Alex Face rappresenta questa nuova generazione di artisti che rifiuta le divisioni tradizionali tra arte colta e arte popolare, tra locale e globale, tra tradizione e modernità.

Verso un’estetica della responsabilità

Il fenomeno Alex Face supera di gran lunga la semplice storia di successo artistico. Esso rivela le profonde trasformazioni che attraversano l’arte contemporanea all’inizio del XXI secolo. Di fronte alle sfide ecologiche e sociali del nostro tempo, molti artisti abbandonano la postura critica tradizionale per assumersi una nuova responsabilità. Alex Face incarna questa evoluzione: la sua arte non si limita più a riflettere il mondo, ma vuole cambiarlo.

Questa ambizione trasformativa si basa su una strategia di diffusione straordinariamente efficace. Investendo lo spazio pubblico, Alex Face bypassa i circuiti tradizionali dell’arte contemporanea. I suoi

  1. Vanitas : Paintings by the Dutch Old Masters Inspired by Life and Death, MyModernMet, 2022
  2. “The Impressionists Were No Different from Street Artists Spray-Painting Graffiti on a Wall”: An Interview with Alex Face, Juxtapoz Magazine, 2024
  3. Plein-air painting, Encyclopædia Britannica, 1998
  4. Alex Face ‘Impressions’, Vertical Gallery, 2024
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