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Charlie Mackesy: l’arte della vulnerabilità condivisa

Pubblicato il: 11 Giugno 2025

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 8 minuti

Charlie Mackesy trasforma disegni a inchiostro apparentemente naif in un linguaggio universale di empatia. Questo artista britannico autodidatta rivoluziona l’arte contemporanea riconciliando creazione autentica e successo popolare, dimostrando che la vulnerabilità condivisa può diventare la base di una nuova estetica post-contemporanea.

Ascoltatemi bene, banda di snob: Charlie Mackesy ha realizzato qualcosa che la maggior parte di noi, critici pontificanti e artisti presuntuosi, non riesce nemmeno a immaginare. Quest’uomo sulla sessantina, nato nel Northumberland, ha trasformato semplici disegni a inchiostro in un fenomeno mondiale, vendendo oltre due milioni di copie di “The Boy, the Mole, the Fox and the Horse” e vincendo un Oscar per il cortometraggio animato ispirato al suo libro. Ma prima di prendere in giro questo enorme successo commerciale, fermatevi un attimo e chiedetevi perché i suoi scarabocchi apparentemente naif toccano tante persone in tutto il mondo.

Mackesy non è un artista nel senso tradizionale del termine. Non ha mai completato gli studi superiori, avendo abbandonato l’università due volte nell’arco di una settimana. Il suo percorso artistico è iniziato per necessità emotiva piuttosto che per ambizione estetica, dopo la morte del suo migliore amico in un incidente d’auto quando aveva 19 anni. Da allora disegna compulsivamente, come una forma di terapia personale che si è trasformata in un linguaggio universale. Questa brutalità autentica, questa assenza di formazione accademica, gli conferisce paradossalmente una libertà che molti artisti formati non osano nemmeno rivendicare.

Il suo lavoro si inserisce in una tradizione artistica che risale ai disegni rupestri, quella della comunicazione diretta ed emotiva tramite l’immagine. Ma Mackesy opera in un contesto contemporaneo specifico: quello dei social network e della crisi globale della salute mentale. I suoi disegni, pubblicati inizialmente su Instagram senza una strategia commerciale particolare, rispondono a un bisogno collettivo di conforto e connessione umana. Questo approccio organico alla diffusione artistica attraverso le piattaforme digitali rappresenta una rottura con i circuiti tradizionali dell’arte contemporanea.

L’estetica di Mackesy colpisce per la sua semplicità deliberata. I suoi tratti di pennello spessi, i suoi personaggi con volti spesso nascosti, le sue composizioni essenziali evocano l’art brut più che le convenzioni accademiche. Questa economia di mezzi non è casuale: permette un’identificazione immediata dello spettatore con i personaggi rappresentati. Il ragazzo di cui non si vede mai veramente il volto diventa un ricettacolo per le proiezioni di ciascuno. Questa strategia visiva ricorda le tecniche impiegate da alcuni maestri del fumetto, dove la semplificazione grafica aumenta paradossalmente l’impatto emotivo.

I testi che accompagnano i suoi disegni sono particolarmente interessanti. Lontano dagli aforismi convenzionali o dalle citazioni ispiratrici che si trovano abitualmente sui social network, i dialoghi tra i suoi quattro personaggi principali possiedono una qualità letteraria indiscutibile. Richiamano l’universo della filosofia per bambini, quella tradizione che risale a Socrate e che si ritrova in autori come Saint-Exupéry. Il modo in cui Mackesy fa conversare un ragazzo, una talpa, una volpe e un cavallo su questioni esistenziali fondamentali, il coraggio, l’amore, la vulnerabilità, ricorda i dialoghi platonici adattati alla nostra epoca di comunicazione istantanea.

Questa dimensione filosofica non è casuale. Mackesy attinge consapevolmente alla tradizione della filosofia morale britannica, quella che privilegia l’esperienza vissuta rispetto alla teorizzazione astratta. I suoi personaggi non enunciano verità definitive ma esplorano insieme questioni universali. Questo approccio dialettico, in cui la saggezza emerge dallo scambio piuttosto che dall’autorità, si inserisce nella scia degli empiristi britannici come David Hume, che affermava che le nostre conoscenze morali derivano dai nostri sentimenti piuttosto che dalla nostra ragione pura.

Il successo fenomenale di Mackesy solleva questioni importanti sulla natura dell’arte contemporanea e sul suo rapporto con il pubblico. Mentre le istituzioni artistiche si rinchiudono in dibattiti concettuali sempre più ermetici, questo artista autodidatta è riuscito a creare un linguaggio visivo e testuale che parla direttamente alle preoccupazioni di milioni di persone. Questo successo popolare disturba alcuni ambienti artistici, che vi vedono una forma di eccessiva commercializzazione dell’arte. Tuttavia, questa critica rivela soprattutto l’elitarismo inconscio di un mondo dell’arte che ha perso il contatto con i suoi pubblici potenziali.

L’analisi dell’opera di Mackesy non può ignorare la sua esplicita dimensione spirituale. L’artista non nasconde il suo cristianesimo e considera il suo lavoro una forma di ministero artistico. Questa dimensione religiosa, lontana dal limitare la portata del suo messaggio, gli conferisce al contrario una profondità che supera le divisioni confessionali. I suoi disegni evocano l’amore incondizionato, il perdono, la redenzione, temi universali che risuonano oltre i confini religiosi. Questa spiritualità dichiarata si contrappone alla secolarizzazione dominante dell’arte contemporanea e spiega in parte l’impatto emotivo del suo lavoro.

La tecnica artistica di Mackesy è anch’essa interessante. I suoi disegni a inchiostro nero, a volte ravvivati da acquerelli, adottano deliberatamente un’estetica dell’incompiuto. Questo approccio gestuale, in cui i tratti traboccano e si sovrappongono, evoca la spontaneità dello schizzo più che la perfezione del disegno finito. Questa imperfezione calcolata crea un’intimità con lo spettatore, come se si assistesse al processo creativo stesso. La dimensione tattile di questi disegni, il loro carattere tattile e immediato, contrasta con la crescente virtualizzazione del nostro rapporto con le immagini.

L’espansione transmédia dell’universo di Mackesy illustra le trasformazioni contemporanee della creazione artistica. Dal libro al film di animazione, passando per le collaborazioni musicali con Paul Simon, i suoi personaggi migrano da un supporto all’altro conservando la loro essenza narrativa. Questa adattamento multipiattaforma testimonia una comprensione intuitiva delle nuove modalità di fruizione culturale, dove il pubblico si aspetta un’esperienza immersiva piuttosto che un oggetto artistico isolato.

Devo anche menzionare la recente collaborazione tra Mackesy e Paul Simon. Questo incontro tra due generazioni di artisti, una formata nella cultura analogica, l’altra nativa del digitale, produce una sintesi creativa notevole. I disegni di Mackesy, creati ascoltando l’album “Seven Psalms” di Simon, illustrano la persistenza dell’ispirazione inter-artistica nell’era della riproduzione tecnica. Questo approccio collaborativo ricorda le sperimentazioni surrealiste, dove diversi media si nutrivano a vicenda per creare opere ibride [1].

L’impatto terapeutico rivendicato dell’arte di Mackesy solleva questioni importanti sulla funzione sociale dell’arte contemporanea. I suoi disegni sono utilizzati in ospedali, centri di detenzione, rifugi per donne, trasformando l’arte in uno strumento di cura sociale. Questa strumentalizzazione positiva dell’arte, lungi dal diminuire il suo valore estetico, ne rivela invece le potenzialità nascoste. Ricorda che l’arte non è solo un oggetto di contemplazione disinteressata ma anche un vettore di trasformazione sociale e personale.

La ricezione critica di Mackesy rivela le tensioni che attraversano il mondo dell’arte contemporanea. Ignorato dalla maggior parte delle riviste specializzate, snobbato dalle grandi istituzioni museali, trova comunque spazio in luoghi prestigiosi come Sotheby’s, che gli ha dedicato una mostra personale. Questo riconoscimento tardivo del mercato dell’arte tradizionale illustra la difficoltà delle istituzioni consolidate a integrare pratiche artistiche che emergono al di fuori dei loro circuiti abituali.

L’opera di Mackesy interroga anche le nostre concezioni di originalità artistica. I suoi disegni, riproducibili all’infinito sui social network, mettono in discussione la nozione di aura benjaminiana. Lungi dal perdere forza nella riproduzione, sembrano invece guadagnarla, creando una comunità mondiale di spettatori che si riappropriano e condividono queste immagini. Questa circolazione virale trasforma l’arte in linguaggio comune, in un esperanto visivo dell’empatia contemporanea.

L’analisi sociologica del suo pubblico rivela dati interessanti. Contrariamente ai pubblici tradizionali dell’arte contemporanea, i follower di Mackesy attraversano tutte le categorie demografiche, dai bambini agli anziani, dai contesti popolari alle élite istruite. Questa trasversalità sociale, rara nel mondo dell’arte contemporanea, suggerisce che Mackesy sia riuscito a identificare ed esprimere bisogni emotivi universali che l’arte istituzionale fatica a soddisfare.

La dimensione commerciale del successo di Mackesy non può essere trascurata. Con vendite che si contano in milioni di copie e prodotti derivati onnipresenti, il suo lavoro si inscrive pienamente nell’economia di mercato contemporanea. Questo successo finanziario, lungi dal negare la dimensione artistica del suo lavoro, illustra invece la possibilità di una creazione autentica all’interno del capitalismo culturale. Dimostra che arte popolare e qualità estetica non sono antinomiche.

L’influenza di Mackesy su una nuova generazione di artisti comincia a farsi sentire. Numerosi creatori adottano ora il suo approccio diretto, mescolando testo e immagine per creare contenuti allo stesso tempo artistici e terapeutici. Questa scuola emergente dell’arte digitale empatica potrebbe ben ridefinire i contorni della creazione contemporanea, riconciliando l’arte con la sua funzione sociale originaria.

L’opera di Mackesy pone infine una questione fondamentale: che cosa deve essere l’arte nel XXI secolo? Deve continuare a rivolgersi a un’élite colta o ritrovare la sua vocazione universale? Può essere allo stesso tempo popolare e profonda, commerciale e autentica? Le risposte che Charlie Mackesy fornisce a queste domande attraverso il suo lavoro potrebbero delineare i contorni di un’arte post-contemporanea, liberata dai complessi elitaristi e riconciliata con la sua missione primaria: toccare l’anima umana in ciò che ha di più universale.

Il suo percorso, da disegnatore compulsivo a fenomeno culturale mondiale, illustra le trasformazioni profonde che influenzano la creazione artistica nell’era digitale. Più di un semplice successo commerciale, l’opera di Charlie Mackesy rappresenta una revisione necessaria delle nostre categorie estetiche e delle nostre gerarchie culturali. Ci ricorda che la vera arte non risiede nella complessità concettuale o nella sofisticazione tecnica, ma in quella capacità misteriosa di creare una connessione umana là dove regnavano isolamento e incomprensione.

In un mondo frammentato dalle divisioni politiche, sociali e culturali, Mackesy propone un linguaggio di riconciliazione. I suoi quattro personaggi, nella loro camminata infinita attraverso paesaggi onirici, ci insegnano che la vulnerabilità condivisa è forse l’unica via verso un’umanità comune. Questa lezione, semplice in apparenza, rivela in realtà una profondità filosofica che le nostre società contemporanee hanno un urgente bisogno di riscoprire.


  1. Paul Simon e Charlie Mackesy, “Seven Psalms, Illustrated by Charlie Mackesy, Inspired by the Words and Music of Paul Simon”, mostra Frieze No 9 Cork Street, Londra, settembre 2023
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Riferimento/i

Charlie MACKESY (1962)
Nome: Charlie
Cognome: MACKESY
Altri nome/i:

  • Charles Piers Mackesy

Genere: Maschio
Nazionalità:

  • Regno Unito

Età: 63 anni (2025)

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