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Danielle Orchard: Il corpo femminile reinventato

Pubblicato il: 24 Gennaio 2025

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 7 minuti

Nei dipinti di Danielle Orchard, le donne fumano, bevono, leggono, si annoiano con una nonchalance che sfida le convenzioni. Le sue composizioni audaci, in cui i corpi frammentati dialogano con colori elettrici, creano una tensione visiva che sconvolge le nostre aspettative.

Ascoltatemi bene, banda di snob, vi parlerò di Danielle Orchard, nata nel 1985, quell’artista che infrange le convenzioni con una insolenza raffinata che mi fa gioire. Stabilitasi a Brooklyn, questa originaria di Michigan City non si limita a dipingere, ma smonta la macchina della storia dell’arte con un cinismo delizioso che farebbe invidia ai maestri antichi.

La pittura di Danielle Orchard ruota attorno a un tema essenziale: la decostruzione dello sguardo maschile sul corpo femminile. La sua tecnica pittorica, ereditata dal cubismo analitico ma trascendentale per una sensibilità contemporanea, offre una riflessione incisiva sulla rappresentazione del corpo femminile nell’arte occidentale. Le donne di Orchard non sono semplici modelle passive; vivono semplicemente. Ed è proprio in questa banalità assunta che risiede la loro forza sovversiva.

Guardate per esempio le sue bagnanti, che richiamano ironicamente quelle di Cézanne pur proiettandole nella nostra epoca con un’audacia fulminante. I corpi frammentati, scomposti e poi ricomposti secondo una geometria personale, ci rimandano al concetto filosofico della fenomenologia di Maurice Merleau-Ponty. Nel suo libro “L’Oeil et l’Esprit” (1964), il filosofo sviluppa l’idea che la nostra percezione del mondo sia intrinsecamente legata al nostro corpo, che non possiamo separare il vedere dall’essere visti. Orchard illustra brillantemente questa teoria creando figure che sono allo stesso tempo soggetti percepenti e oggetti percepiti, confondendo deliberatamente i confini tra osservatore e osservato.

Le donne di Orchard, nella loro nudità disinvolta, sembrano perfettamente consapevoli di essere osservate, ma se ne fregano completamente. Leggono, fumano, bevono vino, si stirano sui divani con una nonchalance che sfida le convenzioni tradizionali della rappresentazione della donna. Questo atteggiamento ricorda in modo sorprendente la teoria della performatività del genere sviluppata da Judith Butler in “Problemi di genere” (1990). I soggetti di Orchard interpretano la loro femminilità mentre la decostruiscono, creando così un dialogo complesso con la storia dell’arte e le sue convenzioni di genere.

La prima grande caratteristica che colpisce nella sua opera è la sua padronanza del colore. Le sue palette audaci, dove i toni carnagione dialogano con blu elettrici e gialli acidi, creano una tensione visiva che destabilizza le nostre aspettative. Non è senza richiamare le teorie di Johann Wolfgang von Goethe sul colore, particolarmente sviluppate nel suo “Trattato sui colori” (1810), dove esplora la dimensione psicologica ed emotiva delle tinte. Orchard utilizza il colore non come semplice strumento decorativo, ma come un linguaggio a sé stante, capace di comunicare stati emotivi complessi e commenti sociali sottili.

Prendiamo ad esempio la sua serie di donne che leggono, in cui i corpi sono spesso frammentati e ricomposti secondo una geometria che evoca il cubismo analitico. Queste composizioni non sono semplici esercizi formali; costituiscono una riflessione profonda sul modo in cui il corpo femminile occupa lo spazio, sia fisico che sociale. I libri che tengono i suoi personaggi diventano oggetti di potere, simboli di resistenza intellettuale di fronte all’oggettificazione tradizionale del corpo femminile nell’arte.

La seconda caratteristica della sua opera risiede nel suo modo unico di affrontare l’intimità femminile. Le sue scene domestiche, apparentemente banali, sono cariche di una tensione psicologica che richiama le teorie psicoanalitiche di Julia Kristeva sull’abiezione e il femminile. In “Poteri dell’orrore” (1980), Kristeva esplora come il corpo femminile sia storicamente stato associato all’abietto, a ciò che sconvolge l’ordine sociale. Orchard riprende questa idea ma la ribalta come un guanto: le sue donne abitano la loro “abiezione” con un’orgogliosa calma che destabilizza lo sguardo tradizionale.

Nelle sue rappresentazioni di donne che fumano o bevono, Orchard crea personaggi che sfuggono deliberatamente alle categorie morali tradizionali. Queste figure non sono né sante né peccatrici; esistono in uno spazio intermedio che sfida la categorizzazione. È proprio questa ambiguità che conferisce al suo lavoro la sua forza sovversiva. Le sigarette che compaiono regolarmente nelle sue opere non sono semplici accessori; diventano simboli di resistenza, manifestazioni tangibili di un’agentività femminile che rifiuta di conformarsi alle aspettative sociali.

L’artista utilizza frequentemente motivi ricorrenti come i tulipani, le sigarette, i libri, che funzionano come leitmotiv visivi creando una narrazione sottostante nella sua opera. Questi oggetti quotidiani diventano attori a pieno titolo nelle sue composizioni, portatori di significati molteplici che arricchiscono la lettura dei suoi dipinti. I tulipani, per esempio, con il loro ciclo di vita effimero, evocano la tradizione delle vanità servendo anche come metafora della condizione femminile nella società contemporanea.

La tecnica di Orchard è particolarmente interessante nel modo in cui tratta la superficie pittorica. Le sue pennellate energiche, le sue pennellate materiche generose e alcune zone di tela talvolta lasciate apparenti creano una tensione materiale che riflette le tensioni psicologiche in atto nei suoi soggetti. Questo approccio tattile alla pittura richiama le teorie dello storico dell’arte Heinrich Wölfflin sul pittorico e sul lineare, ma spinto in una direzione decisamente contemporanea.

Il suo trattamento dello spazio è altrettanto rivoluzionario. Gli interni che rappresenta sono spesso deformati, compressi o allungati secondo una logica che privilegia l’espressione emotiva sulla prospettiva tradizionale. Queste distorsioni spaziali non sono gratuite; servono a creare ambienti psicologici che riflettono lo stato mentale dei suoi soggetti. Gli specchi, le finestre, le porte che compaiono nelle sue composizioni funzionano come dispositivi metaforici che interrogano le nozioni di identità e rappresentazione.

La formazione artistica di Orchard, che include studi all’Università dell’Indiana e al Hunter College, si riflette nella sua sofisticata padronanza tecnica. Tuttavia, ciò che rende il suo lavoro veramente notevole è la sua capacità di trascendere questa formazione accademica per creare un linguaggio visivo unico che parla direttamente alla nostra epoca. I suoi riferimenti alla storia dell’arte non sono mai semplici citazioni; sono piuttosto punti di partenza per una riflessione critica sulla rappresentazione del corpo femminile nell’arte contemporanea.

Il lavoro di Orchard si inscrive in una linea di artiste femministe che hanno cercato di riconfigurare la rappresentazione del corpo femminile nell’arte. Tuttavia, il suo approccio si distingue per il suo rifiuto dello scontro diretto a favore di una sovversione più sottile ma altrettanto efficace. Le sue donne non cercano di scandalizzare; esistono semplicemente, nella loro verità nuda, con una tranquillità sicura che sfida le convenzioni.

Questo atteggiamento richiama le teorie di Roland Barthes sulla fotografia, particolarmente sviluppate in “La stanza chiara” (1980), dove esplora il concetto di “punctum”, quel dettaglio che punge, che ferisce lo spettatore. Nei dipinti di Orchard, il punctum spesso assume la forma di un gesto apparentemente banale: una mano che tiene una sigaretta, uno sguardo distolto, una postura disinvolta. Questi dettagli agiscono come punti di rottura che destabilizzano la nostra percezione abituale del corpo femminile.

L’evoluzione recente del suo lavoro mostra un’esplorazione sempre più audace delle possibilità espressive della pittura. Le sue opere più recenti rivelano una crescente fiducia nella sua capacità di manipolare forma e colore per creare immagini che sono al tempo stesso personali e universali. La sua mostra “You Are a Serpent Who’ll Return to the Ocean” alla galleria Perrotin nel 2023 segna una svolta significativa nella sua carriera, affrontando temi più intimi come la gravidanza e la perdita, mantenendo comunque la sua prospettiva critica sulla rappresentazione del corpo femminile.

Il lavoro di Orchard è particolarmente rilevante oggi nell’affrontare questioni complesse su genere, identità e potere, creando opere che rimangono profondamente seducenti dal punto di vista visivo. I suoi dipinti non si limitano a criticare le convenzioni artistiche; propongono un nuovo modo di vedere e rappresentare il corpo femminile che è sia rispettoso che rivoluzionario.

Osservando l’intera sua opera, non si può fare a meno di pensare alla teoria di Walter Benjamin sull’aura dell’opera d’arte. In “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” (1935), Benjamin temeva la perdita dell’aura nell’arte moderna. I dipinti di Orchard, con la loro presenza fisica imponente e la loro intensità emotiva, sembrano riaffermare la possibilità di un’aura nell’arte contemporanea, pur mettendo in discussione le basi stesse di questa nozione.

Il suo lavoro ci costringe a riconsiderare non solo il modo in cui guardiamo l’arte, ma anche il modo in cui percepiamo il corpo femminile nella società contemporanea. Le sue donne non sono oggetti passivi di contemplazione; sono soggetti attivi che ci guardano a loro volta, costringendoci a mettere in discussione i nostri stessi presupposti su genere, bellezza e potere.

Danielle Orchard non è semplicemente un’artista che dipinge donne; è una voce importante nel dialogo continuo sulla rappresentazione del corpo femminile nell’arte. Il suo lavoro, sia intellettualmente stimolante sia visivamente affascinante, ci ricorda che la pittura rimane un mezzo potente per esplorare le questioni più urgenti del nostro tempo. In un mondo in cui i dibattiti su genere e identità sono più pertinenti che mai, la sua opera ci offre un modello di resistenza sottile ma efficace alle convenzioni stabilite.

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Riferimento/i

Danielle ORCHARD (1985)
Nome: Danielle
Cognome: ORCHARD
Genere: Femmina
Nazionalità:

  • Stati Uniti

Età: 40 anni (2025)

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