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David Salle: Ritratto di un artista postmoderno

Pubblicato il: 18 Giugno 2025

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 9 minuti

David Salle giustappone deliberatamente immagini disparate nelle sue tele, creando composizioni in cui coesistono diversi stili pittorici. Il suo lavoro riflette la simultaneità dell’esperienza visiva contemporanea mettendo in discussione le convenzioni della rappresentazione attraverso associazioni inaspettate che sfidano ogni narrazione lineare.

Ascoltatemi bene, banda di snob. David Salle ci offre una lezione magistrale sulla frammentazione dello sguardo contemporaneo, su quel modo in cui la nostra coscienza assorbe simultaneamente immagini disparate, le giustappone senza gerarchia, eppure riesce a trovarvi un senso. Da oltre quattro decenni, questo artista nato a Norman, Oklahoma, nel 1952, manipola e riconfigura la nostra percezione con un’audacia che continua a sfidare le critici più severe.

Salle è emerso come una figura imprescindibile negli anni ’80, in un’epoca in cui New York oscillava tra l’eccitazione febbrile di nuove correnti artistiche e l’angoscia crescente di un’era turbolenta. È rapidamente diventato un membro essenziale di quella che sarebbe poi stata chiamata la “Generazione delle Immagini” (“Pictures Generation”), quegli artisti che mettevano in discussione lo status dell’immagine attraverso l’appropriazione e l’esplorazione dei media di massa. Questo giovane appena uscito dal California Institute of the Arts, dove aveva studiato sotto la guida di John Baldessari, si è distinto per la sua audacia.

Ciò che colpisce nell’approccio di Salle è questa apparente disinvoltura con cui combina immagini eteroclite: un frammento di un dipinto classico accanto a una pubblicità degli anni ’50, una fotografia erotica sovrapposta a un disegno schematico. Potrebbe sembrare un semplice gioco di collage anarchico, ma dietro questo apparente caos si nasconde un’intelligenza visiva formidabile, una comprensione profonda della sintassi pittorica.

Prendiamo le sue “Pastorali” dei primi anni 2000, dove rivisitava i paesaggi bucolici classici con una palette brillante e inclusioni di immagini moderne. Salle non si limitava a giustapporre questi elementi disparati, creava una nuova grammatica visiva, un linguaggio che riflette la nostra esperienza frammentata del mondo. “Alcune immagini rivelano qualcosa di profondo sul funzionamento del mondo; sembra che possano accedere alla struttura stessa della coscienza”, ha affermato [1]. Questa frase riassume perfettamente la sua ambizione artistica.

La coscienza è un concetto che Salle ha esplorato in modo particolarmente interessante attraverso la sua opera. Osservando attentamente i suoi dipinti, si può percepire una riflessione sottile sulla fenomenologia della percezione, non nel senso merleau-pontiano che si potrebbe immaginare, ma piuttosto come un’esplorazione empirica di come integriamo le immagini nel nostro flusso di coscienza. I dipinti di Salle non sono finestre su un mondo unificato, ma schermi multipli dove si scontrano diverse realtà, diverse temporalità.

Ciò che è particolarmente impressionante nell’approccio di Salle è il modo in cui riesce a superare i limiti tradizionali della pittura per creare uno spazio pittorico di una elasticità straordinaria. Non si tratta semplicemente di giustapporre immagini, ma di creare tra esse tensioni, dialoghi, talvolta confronti. Gli elementi figurativi sembrano fluttuare in uno spazio virtuale, sfidando le leggi della prospettiva e della gravità. Questo approccio ricorda alcune tecniche cinematografiche, come il montaggio e la sovrapposizione, che Salle ha anche esplorato direttamente realizzando il film “Search and Destroy” nel 1995.

La cinematografia, proprio, costituisce un riferimento essenziale per comprendere l’opera di Salle. “Da quando ho iniziato a dipingere, ho cercato di ottenere la fluidità e la sorpresa delle connessioni di immagini, la simultaneità del montaggio cinematografico, nella pittura”, ha spiegato [2]. Questa influenza del cinema non si limita alla struttura formale delle sue opere, ma si estende al loro contenuto stesso. Vi si trovano spesso riferimenti a registi come Douglas Sirk, Rainer Werner Fassbinder, o Preston Sturges, il cui Salle ammirava la capacità di creare mondi visivamente ricchi ed emotivamente complessi.

Questa dimensione cinematografica dell’opera di Salle ci porta a considerare un’altra caratteristica fondamentale del suo lavoro: la sua teatralità. Non solo Salle ha collaborato con la coreografa Karole Armitage per creare scenografie e costumi per numerosi balletti, ma anche i suoi dipinti possiedono una qualità scenica innegabile. Le figure che vi appaiono spesso sembrano interpretare un ruolo, assumere pose deliberatamente drammatiche o artificiali. C’è qualcosa di tableau vivant in queste composizioni, una messa in scena che ci ricorda che siamo di fronte a rappresentazioni, non a realtà.

Questa consapevolezza acuta della rappresentazione è al centro del lavoro di Salle. Combinando stili pittorici vari all’interno di una stessa tela, dalla pittura astratta all’iperrealismo, dal disegno a tratto alla riproduzione fotografica, ci costringe a prendere coscienza delle convenzioni che governano la nostra percezione delle immagini. Non c’è uno stile unificato in Salle, ma piuttosto un’esplorazione costante delle possibilità e dei limiti di ogni modalità di rappresentazione.

Ciò che è particolarmente interessante in questo approccio è il modo in cui riflette la nostra esperienza contemporanea delle immagini. Nell’era digitale, siamo costantemente bombardati da informazioni visive eterogenee: pubblicità, film, fotografie, opere d’arte, tutte accessibili istantaneamente e spesso consumate simultaneamente. I dipinti di Salle, con la loro giustapposizione di immagini apparentemente senza rapporto, anticipavano questa esperienza frammentata molto prima dell’avvento di Internet e dei social network.

Ma ridurre il lavoro di Salle a un semplice commento sulla cultura mediatica sarebbe un errore. Le sue opere non sono manifesti teorici, ma esplorazioni sensibili e personali del linguaggio visivo. C’è una dimensione profondamente poetica nel suo modo di creare associazioni inattese tra le immagini, di stabilire risonanze emotive attraverso contrasti formali.

Questa dimensione poetica è particolarmente evidente nella sua serie “Tree of Life”, realizzata durante la pandemia di COVID-19 nel 2020-2021. Queste opere, che fanno riferimento ad Adamo ed Eva, al Giardino dell’Eden, e al caricaturista del New Yorker Peter Arno, testimoniano una nuova direzione nel lavoro di Salle. Le tele alternano una palette in bianco e nero e una palette policroma, creando un ritmo visivo che evoca le variazioni di una composizione musicale. Il riferimento al “Tree of Life”, quell’albero mitico che collega il cielo e la terra, suggerisce un’aspirazione all’unità, alla connessione, che contrasta con la frammentazione caratteristica delle sue opere precedenti.

Questa recente evoluzione del lavoro di Salle è tanto più interessante quanto coincide con la sua esplorazione dell’intelligenza artificiale come strumento artistico. Nel 2023 ha collaborato con informatici per creare un programma capace di generare immagini che riflettono il suo stile [3]. Questo approccio potrebbe sembrare paradossale per un artista il cui lavoro ha sempre messo l’accento sulla selezione e la giustapposizione deliberate di immagini. Ma testimonia anche una curiosità intellettuale costante, una volontà di spingere i confini della sua pratica.

L’esperienza di Salle con l’IA solleva domande affascinanti sulla natura della creatività e dell’originalità artistica. Come spiega lui stesso, ha “mandato la macchina a scuola d’arte”, nutrendola con immagini di artisti che considera fondamentali: Arthur Dove per la linea, Edward Hopper per il volume, De Chirico per lo spazio, Andy Warhol per il colore, così come delle sue stesse “Pastorali” [4]. Questo approccio rivela una comprensione profonda di come gli stili artistici siano costruiti e trasmessi, come possano essere scomposti in elementi formali e poi ricombinati per creare qualcosa di nuovo.

C’è qualcosa di profondamente ironico in questo approccio. Salle, il cui lavoro è stato spesso criticato per l’appropriazione di immagini preesistenti, si trova ora nella posizione di vedere il proprio stile appropriato e ricombinato da una macchina. Ma questa ironia non sembra disturbarlo. Al contrario, sembra affascinato dalla possibilità di vedere il suo linguaggio visivo trasformato e ampliato dall’intelligenza artificiale.

Questa apertura alla trasformazione, questa volontà costante di esplorazione, è forse ciò che definisce meglio la carriera di Salle. Dalle prime opere provocatorie degli anni ’80 alle sperimentazioni recenti con l’IA, passando per le sue incursioni nel cinema e nella scenografia, non ha mai smesso di mettere in discussione le convenzioni e ampliare il campo delle possibilità.

Ciò che è notevole è che, nonostante questa diversità di approcci, il suo lavoro rimane immediatamente riconoscibile. C’è una firma Salle, non nel senso di uno stile uniforme, ma di una sensibilità particolare, un modo di vedere e pensare il mondo visivo. Come lui stesso ha osservato: “Se sei un artista forte con un’identità forte, trovi la tua strada” [5].

Questa forte identità si manifesta soprattutto nella sua relazione con le tradizioni artistiche. Salle non è un iconoclasta che rifiuta la storia dell’arte; al contrario, la incorpora attivamente nel suo lavoro, instaurando dialoghi con artisti tanto diversi quanto Caravaggio, Giorgione, Watteau o Picasso. Ma questi riferimenti non sono mai semplici citazioni; sono trasformati, decontestualizzati, messi in relazione con immagini della cultura popolare o creazioni originali dell’artista.

È questa capacità di navigare tra tradizioni diverse, di creare ponti tra la “alta” e la “bassa” cultura, che rende Salle un artista così emblematico del nostro tempo. In un mondo dove i confini tradizionali tra discipline artistiche, tra arte d’élite e cultura di massa, si dissolvono sempre di più, il suo lavoro offre un modello di creazione che abbraccia questa complessità invece di evitarla.

E forse è proprio qui che risiede il vero significato del lavoro di Salle per la nostra epoca. In un mondo saturo di immagini, dove l’informazione visiva è costantemente frammentata, ricombinata, decontestualizzata, i suoi dipinti ci offrono non una via di fuga, ma un modo per dare senso a questa esperienza. Ci mostrano come navigare in questo complesso paesaggio visivo, come trovare connessioni inaspettate, risonanze emozionali, nel mezzo del caos apparente.

I critici hanno spesso accusato Salle di freddezza, distacco emotivo. Ma questa interpretazione non coglie la profonda sensibilità che sottende il suo lavoro. Se i suoi dipinti sembrano talvolta distanti o ironici, è perché riflettono onestamente l’ambivalenza del nostro rapporto con le immagini nel mondo contemporaneo. Siamo allo stesso tempo saturi e affamati di immagini, cinici e ingenui di fronte al loro potere.

Forse è questa onestà a fare la forza del lavoro di Salle. Non pretende di offrire risposte semplici o verità universali. Ci presenta piuttosto costellazioni di immagini, reti di significati potenziali, e ci invita a trovare il nostro percorso. In un mondo dove i grandi racconti hanno perso il loro potere, dove le certezze si sfaldano, questo approccio aperto ed esplorativo appare particolarmente rilevante.

David Salle ci ricorda che la pittura, lungi dall’essere un mezzo obsoleto nell’era digitale, resta uno strumento potente per esplorare e comprendere la nostra esperienza visiva del mondo. Le sue opere, con la loro complessità voluta, il rifiuto delle interpretazioni facili, ci costringono a rallentare, a guardare attentamente, a stabilire le nostre connessioni. In una cultura dell’immediato e del consumo rapido delle immagini, questo invito alla contemplazione attiva è più prezioso che mai.

Quindi la prossima volta che vi troverete davanti a una tela di Salle, prendetevi il tempo per perdervi, per seguire i fili delle sue associazioni visive, per lasciarvi sorprendere dalle sue giustapposizioni inaspettate. Perché è in questo spazio tra le immagini, in questo gioco di risonanze e contrasti, che si rivela la vera potenza della sua arte. Un’arte che non cerca di semplificare la nostra esperienza del mondo, ma di abbracciarne la complessità, la contraddizione, la bellezza caotica.


  1. Sito internet della galleria Thaddaeus Ropac, “David Salle”
  2. Sito internet Artnet, scheda artista su “David Salle”
  3. “How to Train an Artistic AI”, David Salle, ArtReview, 9 aprile 2025
  4. The Guardian, “‘I sent AI to art school!’ The postmodern master who taught a machine to beef up his old work”, 15 aprile 2025
  5. Interview Magazine, “David Salle Has a Headline in Mind for This Interview”, 6 novembre 2023
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Riferimento/i

David SALLE (1952)
Nome: David
Cognome: SALLE
Genere: Maschio
Nazionalità:

  • Stati Uniti

Età: 73 anni (2025)

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