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Duncan McCormick e l’arte della meraviglia

Pubblicato il: 2 Giugno 2025

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 8 minuti

Duncan McCormick trasforma i paesaggi ordinari dello Shropshire in visioni mediterranee immerse in una luce ottimista. Le sue tele dai colori saturi reinventano l’arte della felicità pittorica, offrendo rifugi visivi in un mondo contemporaneo dominato dall’ansia e dalla malinconia intellettuale.

Ascoltatemi bene, banda di snob: Duncan McCormick dipinge come un uomo che ha capito che all’arte contemporanea manca la gioia. In un ambiente dove la malinconia intellettuale funge da passaporto culturale, questo artista britannico osa proporre tele deliberatamente ottimiste, immerse in una luce che evoca le rêveries d’enfance piuttosto che le angosce esistenziali della nostra epoca. I suoi paesaggi dello Shropshire trasformati in visioni mediterranee, i suoi interni domestici sublimati dai colori acidulati, tutto questo potrebbe sembrare facilità se non si osservasse più da vicino.

L’opera di McCormick si inscrive in un approccio che ricorda le preoccupazioni dell’architettura moderna del ventesimo secolo, in particolare quella di Le Corbusier e del suo concetto di “machine à habiter” [1]. Là dove l’architetto svizzero rivoluzionò lo spazio domestico promuovendo funzionalità e luce, McCormick reinventa lo spazio pittorico infondendo in esso una luminosità quasi terapeutica. Le sue tele funzionano come finestre aperte su un mondo parallelo, dove ogni elemento architettonico diventa pretesto per un’esplosione cromatica. Le case che dipinge non sono semplici abitazioni: diventano manifesti per un nuovo modo di abitare il quotidiano.

Questo approccio architettonico si manifesta particolarmente nella sua serie di ville mediterranee, dove l’artista scompone lo spazio secondo linee geometriche nette che richiamano i primi lavori di Le Corbusier a La Chaux-de-Fonds. McCormick comprende che l’architettura moderna cercava di riconciliare l’uomo con il proprio ambiente attraverso la razionalizzazione dello spazio e l’ottimizzazione della luce naturale. Allo stesso modo, le sue composizioni organizzano rigorosamente i volumi colorati per creare un senso di armonia domestica. Le terrazze rosa delle sue ville, le scale giallo limone, i muri turchese non sono fantasie decorative ma elementi strutturali che definiscono lo spazio pittorico con la stessa rigore di una pianta architettonica.

L’influenza dell’architettura moderna si ritrova anche nel suo modo di trattare la prospettiva. McCormick adotta spesso punti di vista leggermente elevati che ricordano i disegni assonometrici usati dagli architetti per presentare i loro progetti. Questo approccio permette di cogliere simultaneamente l’interno e l’esterno, il privato e il pubblico, creando una trasparenza spaziale cara ai modernisti. I suoi giardini visti da una finestra, i suoi cortili intravisti da un salotto, tutte queste composizioni rivelano una comprensione intima di come l’architettura modella la nostra percezione dello spazio abitato.

Il collegamento con l’architettura moderna non si limita a considerazioni formali. McCormick condivide con i grandi architetti del ventesimo secolo una visione utopica dell’habitat umano. Dove Le Corbusier immaginava città radiose in grado di trasformare la società, McCormick propone spazi domestici capaci di rigenerare l’anima umana. I suoi interni dai colori saturi funzionano come dispositivi terapeutici, spazi di guarigione visiva in un mondo saturo di immagini ansiogene. Questa dimensione utopica colloca il suo lavoro nella tradizione dei grandi progetti architettonici moderni, con la loro incrollabile fede nel potere trasformativo dell’ambiente costruito.

L’evoluzione recente di McCormick verso la pittura ad olio segna anzi un approfondimento di questa riflessione architettonica. Le impastature più ricche permettono di costruire la luce per strati successivi, come un architetto edifica un muro mattone dopo mattone. Questa materialità pittorica rafforza l’impressione che le sue tele siano abitabili, che offrano un vero rifugio visivo piuttosto che una semplice fuga decorativa.

Ma è nel suo rapporto con la letteratura romantica inglese che McCormick rivela la profondità del suo progetto artistico. I suoi paesaggi dello Shropshire trasformati in visioni mediterranee dialogano esplicitamente con l’opera di Alfred Edward Housman, in particolare la sua raccolta “A Shropshire Lad” pubblicata nel 1896 [2]. Questa filiazione non è aneddotica: rivela come McCormick si inscriva in una tradizione specificamente britannica di sublimazione del paesaggio natale tramite la nostalgia poetica.

Housman aveva fatto dello Shropshire il teatro di una meditazione malinconica sulla giovinezza perduta e l’innocenza svanita. I suoi versi evocavano “colline azzurre nel ricordo” e “la terra della felicità perduta”, trasformando la campagna inglese in un territorio mitico dove si cristallizzavano tutte le nostalgie dell’età adulta. McCormick opera una trasformazione simile ma inversa: dove il poeta tingeva il paesaggio di malinconia, il pittore lo illumina con un ottimismo deliberato. Questa inversione rivela una strategia artistica particolarmente sottile.

L’artista britannico comprende che la nostalgia housmaniana corrispondeva allo spirito della fine del diciannovesimo secolo, segnato dall’industrializzazione nascente e dall’urbanizzazione crescente. La nostra epoca, saturata di ansie ecologiche e sociali, chiama una risposta differente. McCormick propone quindi una nostalgia positiva, che trasforma le “colline azzurre nel ricordo” in colline dorate sotto un sole eterno. I suoi paesaggi dello Shropshire diventano Arcadie contemporanee, spazi dove l’anima urbana può ritrovare una forma di pace primitiva.

Questa trasformazione dello sguardo sul paesaggio natale si accompagna a una reinterpretazione della temporalità housmaniana. In Housman, il tempo era lineare e crudele: la giovinezza fuggiva irrimediabilmente verso l’età adulta disincantata. McCormick propone invece un tempo ciclico e riparatore, dove ogni tela offre la possibilità di un ritorno all’innocenza primaria. Le sue piste di ghiaccio soleggiate, i suoi giardini eternamente fioriti creano un presente perpetuo che sfugge all’usura temporale.

Il riferimento a Housman permette anche di comprendere perché McCormick privilegi le scene prive di presenza umana diretta. Come il poeta evocava paesaggi abitati dall’assenza degli esseri amati, il pittore compone spazi dove l’umanità si intuisce senza mostrarsi: una pista di pattinaggio suggerisce il pattinaggio, un giardino invita alla passeggiata, una villa evoca la vita domestica. Questa umanità in controluce rafforza l’impressione di nostalgia positiva che caratterizza il suo lavoro.

L’influenza della letteratura romantica si manifesta anche nella sua tavolozza cromatica. I rosa, gli arancioni, i gialli che dominano le sue composizioni evocano i tramonti romantici, quei momenti privilegiati in cui la natura rivela la sua bellezza sublime. McCormick attualizza questa estetica romantica liberandola dal suo pathos tradizionale: i suoi tramonti non sono più malinconici ma gioiosi, i suoi paesaggi idilliaci non nascondono alcuna minaccia latente.

Questa riappropriazione dell’eredità romantica inglese colloca McCormick in una posizione artistica particolarmente interessante. Propone nientemeno che una rifondazione della tradizione paesaggistica britannica, liberata dai suoi orpelli vittoriani ma fedele al suo spirito originario. Le sue tele funzionano come poesie visive che celebrano la bellezza del mondo ordinario, trasformato dall’alchimia pittorica in un territorio straordinario.

Il percorso di McCormick dai suoi inizi londinesi fino al suo insediamento nella campagna dello Shropshire riproduce d’altronde il classico cammino dell’artista romantico, in fuga dalla corruzione urbana per ritrovare l’autenticità rurale. Ma laddove i suoi predecessori romantici cercavano nella natura una consolazione per i loro tormenti interiori, McCormick vi trova una fonte di energia positiva che trasmette attraverso le sue tele.

Il passaggio dall’acrilico all’olio nelle sue opere recenti segna d’altronde una maturazione di questo approccio neoromantico. La ricchezza materiale della pasta permette di costruire luci più complesse, atmosfere più sottili che ricordano i maestri paesaggisti del diciannovesimo secolo pur conservando la franchezza cromatica contemporanea.

Questa evoluzione tecnica rivela anche una comprensione approfondita della storia della pittura. McCormick domina perfettamente i codici del post-impressionismo bonnardiano e dell’arte pop hockneyana, ma li sintetizza al servizio di una visione personale che trascende le sue influenze. Il suo successo risiede proprio in questa capacità di fare qualcosa di nuovo con l’antico, di proporre un’estetica immediatamente riconoscibile pur inserendosi in una tradizione secolare.

L’accoglienza internazionale riservata al suo lavoro conferma proprio questo successo. Il fatto che le sue tele trovino acquirenti da Taiwan alla Turchia, dagli Stati Uniti al Libano, dimostra che il suo linguaggio visivo supera i particolarismi culturali per toccare qualcosa di universale nell’esperienza umana. Questa universalità della felicità dipinta, questa capacità di suscitare gioia solo contemplando un paesaggio immaginario, è forse il vero genio di McCormick.

Perché al di là dei riferimenti dottrinari e delle ascendenze estetiche, le sue tele funzionano soprattutto come generatori di emozione positiva. In un mondo artistico spesso dominato dall’ironia e dalla critica sociale, McCormick osa proporre un’arte dell’incanto. Le sue ville rosa caramella, i suoi giardini turchesi, i suoi cieli arancioni non hanno altro scopo che rallegrare l’occhio e placare l’anima. Questa apparente semplicità nasconde una sofisticazione tecnica e concettuale che colloca l’artista tra i pittori più interessanti della sua generazione.

L’evoluzione recente del suo valore nel mercato dell’arte conferma questo riconoscimento. Il fatto che le sue tele raggiungano prezzi dieci volte superiori alle loro stime iniziali rivela un appetito collettivo per questa estetica della felicità che ha saputo sviluppare. I collezionisti sembrano comprendere istintivamente che McCormick propone qualcosa di raro nell’arte contemporanea: una bellezza senza secondi fini, una gioia senza colpa.

Questo successo commerciale pone ovviamente delle domande sul ruolo dell’ottimismo nell’arte contemporanea. McCormick dimostra che è possibile creare un’arte esigente e popolare, sofisticata e accessibile, senza sacrificare l’integrità artistica sull’altare della facilità. Le sue tele dimostrano che la complessità concettuale può coesistere con la semplicità emotiva, che l’arte può contemporaneamente nutrire l’intelletto e rallegrare i sensi.

Questa lezione è preziosa in un’epoca in cui l’arte contemporanea sembra talvolta essersi allontanata dal suo pubblico per eccesso di intellettualismo. McCormick ricorda che l’arte ha anche la funzione di consolare, elevare, trasfigurare il quotidiano. I suoi paesaggi impossibilmente belli, i suoi interni deliziosamente colorati offrono una pausa visiva in un mondo saturo di immagini violente e ansiogene.

Resta da vedere se questa estetica della felicità resisterà alla prova del tempo. L’arte ottimista corre sempre il rischio della superficialità, della compiacenza. McCormick sembra essere consapevole di questo pericolo, come dimostra la sua recente evoluzione verso composizioni più sfumate, meno sistematicamente gioiose. Questa capacità di autocritica e di evoluzione costituisce forse la migliore garanzia della sua duratura arte.

Perché Duncan McCormick non è solo un pittore della felicità: è un artista che ha compreso che la nostra epoca ha bisogno di bellezza per sopravvivere. Le sue tele funzionano come oasi visive nel deserto contemporaneo, come promemoria che l’arte può ancora trasformare il mondo rendendolo più bello. Questa ambizione, apparentemente fuori moda, rivela in realtà una modernità profonda. McCormick dipinge per un’umanità stanca che ha bisogno di ritrovare la propria capacità di meravigliarsi.


  1. Le Corbusier, Verso un’architettura, Parigi, Éditions Crès, 1923.
  2. Alfred Edward Housman, A Shropshire Lad, Londra, Kegan Paul, Trench, Trübner & Co., 1896.
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Riferimento/i

Duncan MCCORMICK (1977)
Nome: Duncan
Cognome: MCCORMICK
Altri nome/i:

  • Duncan Robert McCormick

Genere: Maschio
Nazionalità:

  • Regno Unito

Età: 48 anni (2025)

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