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Martedì 18 Novembre

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I mondi di Zhang Fuxing : Acqua, montagna, città

Pubblicato il: 18 Maggio 2025

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 10 minuti

Zhang Fuxing trasforma radicalmente la pittura di paesaggio cinese fondendo tradizione e innovazione. Attraverso la sua maestria unica nell’inchiostro e nel colore, cattura l’essenza delle imponenti montagne, dei villaggi d’acqua nostalgici e dei paesaggi urbani contemporanei, creando così un linguaggio pittorico che trascende le categorie convenzionali.

Ascoltatemi bene, banda di snob, dovete comprendere qualcosa di fondamentale riguardo Zhang Fuxing: ecco un artista che ha capito che per essere veramente contemporaneo, bisogna prima di tutto essere profondamente radicati nella propria tradizione. Mi fermo qui e vi vedo già corrugare la fronte, con quell’espressione di dubbio che mostrate ogni volta che si parla di pittura tradizionale cinese. “Un altro vecchio maestro che riproduce gli stessi paesaggi da secoli”, pensate. Vi sbagliate. Zhang Fuxing non è un semplice continuatore; è un innovatore radicale che lavora con piena consapevolezza della sua eredità.

Nato nel 1946 a Tianjin, originario dello Shanxi, Zhang Fuxing non ha avuto un percorso artistico convenzionale. Il suo primo contatto con il paesaggio che sarebbe diventato il suo soggetto prediletto avvenne in circostanze poco accademiche: nel 1967, fu inviato a lavorare come operaio in una laterizia a Qingpu, vicino a Shanghai. È lì, circondato da fango e sudore, che il giovane Zhang scoprì la bellezza immanente del paesaggio cinese, quei tetti neri e quelle pareti bianche, quei canali e quei ponti che definiranno più tardi il suo vocabolario visivo. “Gli operai della laterizia erano chiamati ‘fiori del forno’ all’epoca. Dopo il lavoro, i nostri vestiti erano coperti di fango dalla testa ai piedi”, racconta. “Perché non mi sono lasciato abbattere? I paesaggi d’acqua del Jiangnan mi hanno portato quella poesia” [1].

Solo quasi un decennio più tardi, nel 1976, entrò alla Scuola di Belle Arti di Shanghai, diventando poi redattore artistico in un giornale. Durante questo periodo formativo, studiò gli approcci innovativi di Lin Fengmian e Wu Guanzhong, infondendo elementi espressivi nelle sue rappresentazioni del Jiangnan (regione dei “fiumi e laghi” a sud dello Yangtze). Questa fusione delle tradizioni occidentale e orientale incontrò inizialmente scetticismo, ma trovò un sostegno inatteso tra i grandi maestri della scuola di Shanghai. Alla 8ª Esposizione Nazionale d’Arte, il famoso Cheng Shifa rifiutò di essere intervistato davanti alla propria opera, preferendo stare davanti a quella di un artista allora sconosciuto, Zhang Fuxing.

Ciò che mi interessa in Zhang Fuxing è la sua capacità di catturare l’essenza di un luogo pur trascendendo la sua rappresentazione letterale. Prendete le sue pitture della serie “Paesaggi d’acqua del Jiangnan”: non sono semplici riproduzioni pittoresche di villaggi tradizionali. Zhang astrae l’architettura vernacolare, tetti neri e pareti bianche, in forme geometriche che fluttuano in uno spazio impregnato d’acqua e inchiostro. L’acqua, elemento fondamentale di queste composizioni, spesso non è rappresentata direttamente ma suggerita da spazi vuoti posizionati strategicamente. È un approccio che ricorda quello del compositore Claude Debussy, che sapeva che la musica si trova tanto nei silenzi quanto nelle note suonate. Zhang comprende che la presenza dell’acqua può essere evocata con più forza dalla sua apparente assenza, dai bianchi della carta che diventano specchi d’acqua sotto il nostro sguardo [2].

All’alba del nuovo millennio, mentre la sua reputazione di pittore del Jiangnan è saldamente affermata, Zhang prende una decisione audace che dimostra il suo rifiuto della compiacenza artistica. Abbandona il suo soggetto prediletto per voltarsi verso un territorio raramente esplorato nella pittura tradizionale cinese: i grandi paesaggi montuosi dell’ovest della Cina. “Non voglio ripetere i vecchi, né gli altri, né me stesso”, dichiara con quella tranquilla sicurezza che caratterizza i veri innovatori. Nel 2002, lascia persino il suo incarico di direttore del giornale per esplorare le regioni occidentali del Paese, intraprendendo un viaggio creativo di dieci anni.

La serie risultante, “Inno alla natura”, rappresenta una rottura radicale con le convenzioni stabilite. Zhang non si limita a dipingere montagne; reinventa il modo stesso in cui possono essere rappresentate nell’arte cinese. Ispirato da una visione aerea dei monti Tianshan all’alba, abbandona le tre prospettive tradizionali della pittura paesaggistica cinese (alta, profonda e piatta) per adottare una vista dall’alto che riconfigura completamente lo spazio pittorico. “Perché non possiamo usare una prospettiva dall’alto? Le tecnologie e i trasporti moderni ci offrono condizioni così favorevoli, perché non usarle per dipingere sotto angoli che gli antichi non hanno mai esplorato?”, si chiede con quella curiosità insaziabile che lo contraddistingue.

L’approccio di Zhang al colore è altrettanto rivoluzionario. Nella pittura tradizionale cinese, il colore è generalmente secondario rispetto all’inchiostro. Zhang, tuttavia, eleva la luce al rango di colore e trasforma le ombre delle vallate in pennellate espressive. Sviluppa un metodo unico di applicazione cromatica: “rompere l’inchiostro con il colore, rompere il colore con l’inchiostro, fondere colore e inchiostro” (以墨破色,以色破墨,色墨相融). Il risultato è una superficie pittorica di straordinaria ricchezza, dove le transizioni tra inchiostro e colore creano effetti imprevisti di bellezza straordinaria.

Se dovessi collocare Zhang Fuxing in una genealogia artistica occidentale, esercizio sempre imperfetto ma talvolta illuminante, direi che condivide con gli espressionisti astratti americani come Mark Rothko una preoccupazione per la trascendenza attraverso il colore e la forma. Come Rothko, Zhang crea spazi pittorici che invitano a una contemplazione meditativa. Ma a differenza dell’astrazione pura di Rothko, l’opera di Zhang rimane radicata nel mondo naturale, funzionando in quello spazio affascinante tra rappresentazione e astrazione.

A questo punto, devo affrontare un aspetto spesso trascurato nella pratica di Zhang: il suo impegno con l’urbanità. Dopo aver conquistato i paesaggi rurali tradizionali e le maestose montagne occidentali, si è imposto una nuova sfida: come rappresentare i paesaggi urbani contemporanei con gli strumenti tradizionali di inchiostro e carta xuan? Questa preoccupazione rivela la sua consapevolezza acuta delle trasformazioni radicali che la Cina sta vivendo, dove l’urbanizzazione rapida ridefinisce il rapporto della società con l’ambiente.

Nei suoi paesaggi urbani, Zhang non cerca di documentare letteralmente i grattacieli e le autostrade, ma di catturare l’essenza spirituale della città moderna. Applica all’ambiente urbano la stessa sensibilità che ha sviluppato per montagne e fiumi. “Ogni volta che passeggio sul Bund, provo una sorta di eccitazione, vedendo come tutto cambia giorno dopo giorno”, confida. “Dobbiamo cambiare i nostri concetti, trasferire la nostra passione dai paesaggi naturali ai paesaggi urbani” [3].

Questa capacità di trovare poesia negli ambienti contemporanei ricorda l’approccio del regista Wong Kar-wai, che trasforma le strade affollate di Hong Kong in spazi di contemplazione estetica. Entrambi comprendono che la modernità non è l’antitesi della bellezza tradizionale, ma semplicemente un nuovo terreno per la sua espressione.

Zhang non è solo un pittore di paesaggi; è anche un artista straordinario di fiori e uccelli, un genere tradizionale che ha reinventato con una sensibilità contemporanea. La sua serie “Campi di fiori colorati” testimonia la sua volontà di liberare i motivi floreali dai vincoli formali tradizionali. Utilizzando composizioni audaci e applicazioni di colore espressive, infonde nuova vitalità a un genere talvolta considerato conservatore.

Una delle sue opere più sorprendenti di questa serie è la sua rappresentazione dei cachi rossi nei villaggi d’acqua del Jiangnan. “I cachi rossi, l’ebbrezza del Jiangnan”, scrive un critico a proposito di questi dipinti. “Tra le tegole nero pece e i muri bianchi come polvere, nelle variazioni di nero e bianco, i cachi maturi sull’albero, nel villaggio, sulla collina, sembrano le guance arrossate di una ragazza dopo aver bevuto, inebriando il villaggio d’acqua, arrossendo il Jiangnan” [4]. Questa descrizione poetica cattura perfettamente il modo in cui Zhang usa il colore come punto focale emotivo nelle sue composizioni.

Il successo di Zhang non si spiega solo con il suo talento innato o la sua maestria tecnica, anche se queste qualità sono indiscutibili. Ciò che distingue veramente la sua opera è il suo profondo impegno con la vita stessa. La sua pittura non è una fuga romantica in un passato idealizzato, ma una diretta confrontazione con la realtà così come l’ha vissuta e osservata. Che si tratti dei paesaggi d’acqua del Jiangnan che ha conosciuto come operaio, delle montagne occidentali che ha esplorato diligentemente, o degli ambienti urbani in cui vive oggi, la sua arte è sempre radicata nell’esperienza vissuta.

Questa autenticità è la fonte della potenza emotiva della sua opera. Come osserva un critico: “La fonte della forza spirituale nella pittura di Zhang risiede nel suo sincero impegno verso la vita stessa. La sua arte non è semplicemente il prodotto di un’immaginazione sfrenata, ma piuttosto una distillazione delle sue attente osservazioni e delle sue esperienze personali del mondo naturale” [5].

Forse è questa qualità che spiega perché la sua arte risuona con un pubblico così ampio, trascendendo le divisioni tra esperti e profani. I suoi dipinti sono tecnicamente sofisticati e concettualmente rigorosi, ma comunicano anche un’emozione immediatamente accessibile. In un mondo dell’arte spesso ossessionato dall’opacità concettuale, questa chiarezza emotiva è rinfrescante.

Naturalmente, come ogni artista significativo, Zhang non è esente da critiche. Alcuni puristi gli rimproverano di allontanarsi troppo dai canoni tradizionali della pittura cinese, mentre altri, all’estremo opposto, potrebbero desiderare che rompa in modo ancora più radicale con la tradizione. Queste critiche mancano l’essenziale del suo approccio, che consiste proprio nel negoziare questa tensione produttiva tra tradizione e innovazione.

Lo stesso Zhang è consapevole di questa posizione delicata. Cita volentieri un proverbio cinese che dice che per creare qualcosa di nuovo, bisogna prima padroneggiare l’antico. Ma aggiunge subito che questa padronanza non è un fine a sé, è solo il punto di partenza di un’esplorazione personale. “Dobbiamo costantemente assorbire gli elementi culturali eccellenti e avanzati del mondo per arricchire il nostro contenuto, stabilire nuovi stili pittorici, questa è la responsabilità degli artisti della scuola di Shanghai”, afferma.

Nel momento in cui tanti artisti contemporanei cinesi sembrano divisi tra due estremi, o un rifiuto totale della tradizione a favore di un internazionalismo generico, o un ritorno nostalgico a un passato idealizzato, Zhang offre una terza via. Dimostra che è possibile essere profondamente radicati in una tradizione culturale specifica pur essendo risolutamente contemporanei e aperti alle influenze globali.

In questo senso, la sua opera rappresenta un modello potenziale non solo per il futuro della pittura cinese, ma anche per il modo in cui gli artisti di tutto il mondo possono negoziare il rapporto tra eredità culturale ed espressione contemporanea. In un’epoca in cui la globalizzazione minaccia di omogeneizzare le espressioni culturali, l’approccio di Zhang ci ricorda l’importanza di coltivare voci distintive radicate in tradizioni specifiche.

Mentre ci troviamo al crocevia dei cammini culturali del XXI secolo, l’opera di Zhang Fuxing ci offre una lezione preziosa: il futuro non appartiene né a chi rifiuta ciecamente il passato, né a chi vi si aggrappa disperatamente, ma a chi riesce a trasformarlo con intelligenza e sensibilità in qualcosa di nuovo e vitale.

Forse questo è il più grande successo di Zhang: aver creato un’arte che è indiscutibilmente cinese nelle sue radici culturali e tecniche, ma universalmente umana nella sua risonanza emotiva e intellettuale. In un mondo sempre più frammentato da divisioni politiche e culturali, la sua opera ci ricorda la nostra umanità condivisa e la nostra comune capacità di trovare bellezza nel mondo che ci circonda.

La prossima volta che vi troverete di fronte a un’opera di Zhang Fuxing, che sia un paesaggio acquatico del Jiangnan, una maestosa montagna occidentale, un paesaggio urbano dinamico o una composizione floreale esuberante, prendetevi del tempo per guardare davvero. Oltre alla virtuosità tecnica e alla bellezza formale, potreste scoprire qualcosa di più profondo: una visione del mondo che onora il passato abbracciando il presente, che celebra la specificità culturale pur parlando un linguaggio universale, che trova poesia nelle trasformazioni talvolta caotiche della nostra epoca.

E non è forse, dopotutto, quello che chiediamo all’arte che conta davvero? Che ci aiuti a vedere il nostro mondo, e noi stessi, con occhi nuovi.


  1. “Pittore della Scuola di Shanghai Zhang Fuxing: cercare nuove idee dai pittori, registrare i paesaggi con la pittura,” CCTV News, 9 gennaio 2024.
  2. Yu, Yunzhi, “Riflessioni sui dipinti della patria ordinaria di Zhang Fuxing,” Sina Collection, 13 settembre 2012.
  3. “Pittore della Scuola di Shanghai Zhang Fuxing: cercare nuove idee dai pittori, registrare i paesaggi con la pittura,” CCTV News, 9 gennaio 2024.
  4. “Maestro di Shanghai Zhang Fuxing e il suo Jiangnan ‘Rosso’,” CCTV Network, 14 ottobre 2024.
  5. Feng, Yiyu, “Semplice e unico, dipingere con immagini sentite, una breve discussione sulle opere del famoso pittore di paesaggi Zhang Fuxing,” Shanghai Art Network, 5 giugno 2024.
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Riferimento/i

ZHANG Fuxing (1946)
Nome: Fuxing
Cognome: ZHANG
Altri nome/i:

  • 张复兴 (Cinese semplificato)

Genere: Maschio
Nazionalità:

  • Cina

Età: 79 anni (2025)

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