English | Italiano

Martedì 18 Novembre

ArtCritic favicon

Kohei Nawa : Il maestro delle percezioni alterate

Pubblicato il: 5 Marzo 2025

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 10 minuti

Kohei Nawa trasforma la nostra esperienza sensoriale con sculture che disturbano deliberatamente i nostri sensi. Le sue opere “PixCell”, in cui oggetti e animali sono ricoperti da sfere trasparenti, ci costringono a riconoscere i limiti del nostro apparato percettivo e la natura costruita della nostra realtà.

Ascoltatemi bene, banda di snob. Kohei Nawa non è un semplice artista, è un assassino metodico delle nostre percezioni quotidiane. Questo scultore giapponese, con le sue sfere trasparenti che coprono oggetti banali come trofei di caccia, ci costringe a mettere in discussione il modo in cui interagiamo con il mondo. E sapete una cosa? È proprio ciò di cui abbiamo bisogno in questa era digitale in cui i nostri cervelli ammorbiditi dagli schermi confondono i pixel con la realtà.

Nato nel 1975 a Osaka, Nawa si è costruito una reputazione internazionale con le sue opere che esplorano le superfici come interfacce tra la percezione umana e la materialità. La sua serie emblematica “PixCell”, termine che lui stesso ha inventato fondendo “pixel” e “cellula”, simboleggia perfettamente la nostra epoca saturata di informazioni digitali. Questi oggetti, spesso animali imbalsamati, ricoperti di sfere di vetro che agiscono come lenti di ingrandimento, creano un effetto visivo inquietante che ci fa dubitare di ciò che vediamo realmente.

Quel che mi colpisce nel lavoro di Nawa è la sua capacità fenomenologica di trasformare la nostra esperienza sensoriale. Quando guardo i suoi cervi coperti di sfere, non vedo semplicemente un animale imbalsamato travestito da palla da discoteca. No. Mi trovo di fronte a una ristrutturazione radicale della mia percezione, come se Maurice Merleau-Ponty avesse improvvisamente deciso di diventare uno scultore avanguardista giapponese. Merleau-Ponty ci ha insegnato che il nostro corpo è il veicolo del nostro essere-nel-mondo, che le nostre percezioni sono incarnate [1]. Nawa spinge questa idea oltre creando oggetti che perturbano deliberatamente i nostri sensi, che ci costringono a riconoscere i limiti del nostro apparato percettivo.

Il filosofo francese ha scritto nella sua “Fenomenologia della percezione” che “il corpo proprio è nel mondo come il cuore nell’organismo” [2]. Questa idea risuona perfettamente con le intenzioni di Nawa quando ricopre i suoi oggetti di sfere trasparenti. Queste bolle non sono semplicemente estetiche; servono a sottolineare la nostra complicata relazione percettiva con gli oggetti. Come spiega lui stesso Nawa, “quando l’oggetto è completamente ricoperto di sfere (cellule) di diverse dimensioni, dividendo la sua pelle in cellule individuali, è pronto per essere ‘visto’ attraverso lenti che lo ingrandiscono e lo deformano”. È proprio ciò che Merleau-Ponty voleva farci comprendere: la nostra percezione non è mai neutra, è sempre già un’interpretazione.

Le creazioni di Nawa ci invitano a un’esperienza incarnata in cui siamo consapevoli del nostro atto percettivo. Le sue sculture non sono oggetti passivi da contemplare, ma catalizzatori attivi che ci costringono a riconoscere come costruiamo la nostra realtà attraverso i nostri sensi. Questo approccio fenomenologico all’arte ricorda gli scritti di Merleau-Ponty quando affermava che “la cosa non è mai separata da qualcuno che la percepisce” [3].

La sua connessione con l’architettura è evidente. L’architettura non si limita a creare spazi; orchestra esperienze, modifica le nostre percezioni e i nostri movimenti. Nawa fa lo stesso con le sue sculture e installazioni. Guardate la sua installazione “Force”, dove l’olio di silicone cade costantemente dal soffitto in sottili fili che si accumulano in una pozza. Non è forse una forma di architettura liquida? Nawa non costruisce forse spazi con materiali fluidi piuttosto che con cemento e acciaio? Come l’architetto Tadao Ando che manipola la luce naturale per trasformare l’esperienza spaziale, Nawa manipola i materiali per trasformare la nostra esperienza percettiva [4].

Nel suo progetto architettonico “Kohtei”, un padiglione d’arte vicino a Hiroshima completato nel 2016, Nawa trascende i confini tradizionali tra arte e architettura. Questa struttura, con la sua forma organica e la sua pelle metallica perforata, diventa un’estensione della sua esplorazione scultorea. Non è semplicemente un edificio; è una scultura abitabile, uno spazio che coinvolge tutti i nostri sensi e modifica la nostra percezione sia dall’interno che dall’esterno.

Il critico d’architettura Kenneth Frampton ha scritto sul concetto di “tectonica” in architettura, che definisce come “l’arte di unire le cose” [5]. Nawa applica questo principio non solo nei suoi progetti architettonici, ma anche nelle sue sculture. Le sue opere “PixCell” riguardano esattamente la giunzione, come le cellule/pixel si collegano per formare un tutto, come l’informazione digitale e la materialità fisica si intrecciano.

Quello che mi piace particolarmente di Nawa è il suo rifiuto categorico di conformarsi agli stereotipi dell’arte giapponese. Mentre tanti artisti giapponesi hanno sfruttato il filone manga-anime fino all’esaurimento, Nawa ha scelto una strada diversa, più sofisticata. Fa parte di una nuova generazione di artisti giapponesi che cercano di offrire una visione più sfumata dell’arte e della cultura giapponese contemporanea. Come ha dichiarato lui stesso: “Forse c’è stato un tempo in cui gli artisti hanno beneficiato degli stereotipi giapponesi nel loro lavoro, ma penso che la mia generazione non senta più il bisogno di identificarsi o di cercare di rappresentare il Giappone.”

Nella sua serie “Scum”, Nawa esplora l’idea della crescita organica incontrollata attraverso sculture di schiuma di poliuretano che si espandono in un grande volume. Queste opere evocano una sensazione di inquietante estraneità, come se assistessimo a una divisione cellulare frenetica. Mi ricordano le parole dell’architetto Rem Koolhaas sulla “città generica”, quell’urbanizzazione senza pianificazione che si diffonde come una schiuma sulla superficie del nostro pianeta [6]. Nawa materializza questa ansia contemporanea di fronte alla crescita incontrollata, che sia urbana, cellulare o informazionale.

L’opera “Throne” di Nawa, esposta sotto la piramide del Louvre a Parigi nel 2018, rappresenta un trono dorato elevato, vuoto, circondato da forme organiche. Questo lavoro fondeva architettura e scultura in modo magistrale. L’artista spiegava che questo pezzo interrogava il futuro dell’umanità di fronte all’intelligenza artificiale: “Come crescerà questa nuova intelligenza nata dalla tecnologia, e chi si siederà sul trono del futuro?” Questa scultura monumentale echeggiava le preoccupazioni architettoniche contemporanee riguardo al nostro rapporto con la tecnologia e a come essa plasmi i nostri spazi di vita.

Le installazioni immersive di Nawa come “Foam” creano ambienti in cui lo spettatore è completamente avvolto. L’architetto Peter Zumthor parla di “atmosfera” nell’architettura come di una qualità spaziale che ci tocca emotivamente prima ancora che possiamo analizzarla intellettualmente [7]. Nawa crea proprio questo tipo di atmosfere, spazi che ci colpiscono visceralmente prima che la nostra mente possa razionalizzarli.

Ciò che distingue davvero Nawa è che trascende le categorie. È scultore, architetto, pittore o performer? Tutte queste etichette sembrano insufficienti. La sua collaborazione con il coreografo belga Damien Jalet nella performance “VESSEL” illustra perfettamente questa fluidità creativa. Come ha scritto l’architetto Bernard Tschumi, “non c’è architettura senza evento, senza programma, senza violenza” [8]. Nawa applica questa filosofia alla sua arte, creando opere che sono sia oggetto sia evento, struttura e performance.

Il suo lavoro con “Direction”, dove la pittura scorre lungo tele inclinate sotto l’effetto della gravità, evoca un senso di ordine cosmico, come se l’artista avesse trovato un modo per rendere visibili le forze invisibili che governano il nostro universo. Questi dipinti ricordano i disegni di flusso di fluidi dell’architetto Lebbeus Woods [9]. Entrambi gli artisti utilizzano la fluidità e la gravità per esplorare forme che sfidano la nostra comprensione convenzionale dello spazio. Woods cercava di rappresentare architetture che reagiscono alle forze naturali e sociali; Nawa fa lo stesso con le sue sculture che rispondono alle leggi fondamentali della fisica.

La pratica di Nawa è profondamente radicata nell’esplorazione della materialità e della percezione, due preoccupazioni centrali dell’architettura contemporanea. Come ha sottolineato l’architetto Juhani Pallasmaa, “l’architettura significativa ci fa vivere in mondi di pura possibilità” [10]. Le opere di Nawa aprono proprio queste possibilità, invitandoci a riconsiderare il nostro rapporto con lo spazio, la materia e la percezione.

Il suo studio SANDWICH, fondato nel 2009 in una ex fabbrica di sandwich a Kyoto, funziona come una piattaforma creativa dove architetti, designer e artisti collaborano. Questo approccio collaborativo ricorda gli atelier di architettura sperimentali come quello di Olafur Eliasson a Berlino. Entrambi i creatori comprendono che i confini tra le discipline sono arbitrari e che la creatività fiorisce negli spazi intermedi.

L’esplorazione costante di Nawa della relazione tra fisico e digitale, reale e virtuale, trova eco nelle preoccupazioni contemporanee dell’architettura nell’era digitale. Architetti come Greg Lynn o Zaha Hadid hanno utilizzato strumenti digitali per creare forme che sembrano sfidare la gravità e la nostra comprensione convenzionale della struttura. Nawa fa lo stesso con le sue sculture, creando oggetti che sembrano esistere simultaneamente nel mondo fisico e digitale.

Ciò che rende l’opera di Nawa così potente è che ci fa dubitare delle nostre certezze percettive. In un mondo in cui la realtà virtuale e aumentata offuscano sempre più la linea tra reale e simulato, il suo lavoro diventa ancora più rilevante. Come Merleau-Ponty ci ha insegnato che la percezione è sempre un processo attivo e non una ricezione passiva di informazioni, Nawa ci mostra che la nostra comprensione del mondo è plasmata dalle interfacce attraverso le quali lo sperimentiamo.

Vi sfido a guardare un cervo “PixCell” di Nawa e a non mettere in discussione il vostro stesso atto di percezione. Questi oggetti familiari resi strani ci costringono a riconoscere i limiti del nostro apparato percettivo e la natura costruita della nostra realtà. È proprio questo che la migliore architettura cerca di fare: non semplicemente rifugiarci, ma farci vedere il mondo in modo diverso.

In una cultura visiva saturata di immagini, dove la distinzione tra reale e virtuale si sfuma, Nawa ci offre una correzione necessaria. Le sue opere non sono oggetti da consumare passivamente, ma esperienze che ci obbligano a riconoscere il nostro ruolo attivo nella costruzione della nostra realtà percettiva. Come ha scritto Merleau-Ponty, “l’esperienza percettiva è un’esperienza corporea” [11]. Nawa ci ricorda questa verità fondamentale attraverso sculture che coinvolgono tutti i nostri sensi, non solo la vista.

Il linguaggio della fenomenologia è particolarmente appropriato per discutere il lavoro di Nawa. Il concetto di Merleau-Ponty del “corpo proprio” come nostro mezzo primario per sperimentare il mondo risuona con il modo in cui Nawa manipola la nostra percezione attraverso interventi materiali. Quando ricopre un oggetto di sfere di vetro, non cambia semplicemente il suo aspetto; trasforma fondamentalmente la nostra relazione percettiva con quell’oggetto.

L’arte di Nawa ci invita ad adottare ciò che Merleau-Ponty chiamava “l’atteggiamento fenomenologico”, un’apertura all’esperienza diretta anziché all’analisi intellettuale. Le sue sculture non sono puzzle da risolvere ma esperienze da vivere, inviti a riconoscere la natura incarnata della nostra percezione. Come ha scritto Merleau-Ponty, “il mondo fenomenologico non è l’esplicitazione di un essere preesistente, ma il fondamento dell’essere” [12].

Ciò che rende Kohei Nawa un artista così straordinario è che fonde profonde preoccupazioni filosofiche con un’esecuzione tecnica impeccabile. Le sue opere sono allo stesso tempo stimolanti intellettualmente e visivamente affascinanti, concettualmente rigorose e sensuali. Come i grandi architetti che creano spazi che ci commuovono a un livello viscerale mentre ci fanno riflettere profondamente, Nawa crea oggetti che ci toccano sia emotivamente che intellettualmente.

Quindi la prossima volta che vi troverete di fronte a un’opera di Nawa, non limitatevi a osservarla passivamente. Impegnatevi fenomenologicamente con essa, riconoscete il vostro ruolo attivo nell’atto di percezione. Perché è proprio questo che Nawa ci chiede: non semplicemente di vedere le sue opere, ma di riconoscere come vediamo.

E forse questa è la più grande contribuzione di Nawa all’arte contemporanea, ricordarci che l’arte non è semplicemente qualcosa da guardare, ma un modo per farci vedere diversamente. In un mondo in cui siamo bombardati da immagini, dove la percezione è sempre più mediata dagli schermi, questo promemoria è più importante che mai. Come ci ha insegnato Merleau-Ponty, e come Nawa ci mostra, la percezione non è mai passiva; è sempre un atto creativo, una danza tra soggetto e oggetto, colui che vede e ciò che è visto.


  1. Merleau-Ponty, Maurice. “Fenomenologia della percezione”, Gallimard, 1945.
  2. Ibidem.
  3. Ibidem.
  4. Dal Co, Francesco. “Tadao Ando: Complete Works”, Phaidon Press, 1995.
  5. Frampton, Kenneth. “Studies in Tectonic Culture”, MIT Press, 1995.
  6. Koolhaas, Rem. “Generic City”, in “S,M,L,XL”, The Monacelli Press, 1995.
  7. Zumthor, Peter. “Atmosfere”, Birkhäuser, 2006.
  8. Tschumi, Bernard. “Architettura e disgiunzione”, MIT Press, 1996.
  9. Woods, Lebbeus. “Radical Reconstruction”, Princeton Architectural Press, 1997.
  10. Pallasmaa, Juhani. “Gli occhi della pelle: architettura e sensi”, Wiley, 2005.
  11. Merleau-Ponty, Maurice. “Fenomenologia della percezione”, Gallimard, 1945.
  12. Ibidem.
Was this helpful?
0/400

Riferimento/i

Kohei NAWA (1975)
Nome: Kohei
Cognome: NAWA
Altri nome/i:

  • 名和晃平 (Giapponese)

Genere: Maschio
Nazionalità:

  • Giappone

Età: 50 anni (2025)

Seguimi