English | Italiano

Martedì 18 Novembre

ArtCritic favicon

Liang Yuanwei: L’ossessione floreale come linguaggio

Pubblicato il: 21 Aprile 2025

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 8 minuti

Liang Yuanwei trasforma motivi floreali industriali in territori di esplorazione pittorica. Le sue tele meticolose, create sezione per sezione, diventano cartografie del tempo vissuto dove ogni fiore, sebbene ripetuto, afferma la sua singolarità sotto un pennello che sfida la riproduzione meccanica.

Ascoltatemi bene, banda di snob, Liang Yuanwei è qui, e voi nemmeno lo sapete. Nel suo atelier di Pechino, questa artista cinese nata nel 1977 tesse ostinatamente il proprio universo estetico, lontano dai fuochi artificiali che sembrano oggi definire l’arte contemporanea cinese. Le sue tele, dove si intrecciano motivi floreali minuziosamente dipinti, sono come carte topografiche di un territorio interiore, uno spazio dove il tempo stesso sembra sospeso.

Non fraintendetelo. L’opera di Liang non è una semplice celebrazione della bellezza o un esercizio decorativo. È una meditazione visiva, una forma di resistenza silenziosa. In un’epoca in cui l’arte sembra spesso ridotta a una successione di effetti spettacolari e messaggi rumorosi, Liang Yuanwei ci invita a rallentare, osservare, contemplare. Un invito che tutti noi dovremmo accettare, se avessimo ancora la capacità di attenzione necessaria.

Ciò che colpisce immediatamente nel lavoro di Liang è questa presenza ossessiva dei motivi floreali. Fiori, ancora fiori, sempre fiori. Ma attenzione, non fatevi ingannare! Non si tratta di fiori naturali, come quelli che si ammirerebbero in un giardino o in un bouquet. No, i fiori di Liang sono motivi industriali, prelevati da tessuti manufatti, quelle stampe onnipresenti nella nostra quotidianità a cui non prestiamo più attenzione. Questi fiori, simbolizzando sia la natura che la sua imitazione commerciale, diventano sotto il suo pennello meticoloso le tessere di un gioco concettuale affascinante.

Liang Yuanwei lavora come un’archeologa al contrario. Invece di riesumare tracce del passato, lei seppellisce il presente sotto strati successivi di significato. Ogni tela è il risultato di un protocollo rigoroso: l’artista divide la sua tela in sezioni, lavora su una sezione al giorno, senza mai tornare sul lavoro della giornata precedente. Un processo che evoca inevitabilmente la tecnica ancestrale dell’affresco, in cui l’artista doveva dipingere su un intonaco ancora fresco, obbligando così a un lavoro in sezioni, chiamate “giornate” [1].

Questa analogia con l’affresco non è casuale e ci conduce al cuore di una delle dimensioni essenziali dell’opera di Liang: il suo dialogo con la storia dell’arte occidentale. Dopo aver esplorato per anni le possibilità formali dei motivi floreali, l’artista si è dedicata allo studio approfondito degli affreschi romani antichi e del Rinascimento italiano. Nel 2016 si è recata a Roma per studiare l’arte romana del IV secolo e le tecniche di restauro degli affreschi. Questa immersione in una tradizione pittorica millenaria ha profondamente influenzato la sua comprensione della materialità della pittura e del suo rapporto col tempo.

Lo studio degli affreschi le ha permesso di percepire la pittura non solo come un mezzo espressivo, ma come un processo temporale concreto, in cui ogni giornata di lavoro si iscrive materialmente nell’opera finale. Come spiega lei stessa: “Negli affreschi romani antichi e in quelli del Rinascimento, c’è una comprensione sia semplice che profonda del mondo visivo, che ha attraversato tutta la cultura occidentale” [2]. Questa dimensione temporale, che permea la stessa tecnica di Liang, richiama le riflessioni di Henri Bergson sulla durata come esperienza qualitativa del tempo, distinta dal tempo cronometrico.

Per Bergson, il tempo vissuto non può ridursi a una successione di istanti misurabili. È piuttosto una durata pura, un flusso continuo in cui passato e presente si interpenetrare. “La durata tutta pura”, scrive in “Saggio sulle dati immediati della coscienza”, “è la forma che assume la successione dei nostri stati di coscienza quando il nostro io si lascia vivere, quando si astiene dall’istituire una separazione tra lo stato presente e gli stati precedenti” [3]. Questa concezione bergsoniana del tempo trova un’eco sorprendente nel processo creativo di Liang Yuanwei, dove ogni giornata di lavoro si iscrive in un continuum indivisibile, ogni gesto pittorico porta in sé la memoria dei gesti precedenti.

Le tele di Liang, con i loro motivi ripetitivi ma mai identici, incarnano questa tensione tra istante e durata. Ogni fiore dipinto è allo stesso tempo un momento isolato di creazione e un elemento di una totalità che si rivela solo nella durata. L’opera intera diventa così una mappa del tempo vissuto, uno spazio in cui la durata bergsoniana si materializza davanti ai nostri occhi.

Ma l’opera di Liang non si limita a dialogare con la filosofia occidentale. Essa attinge anche alle fonti della tradizione pittorica cinese, in particolare alla pittura dei letterati della dinastia Yuan (1271-1368). Come confidava in un’intervista: “Ho iniziato a interessarmi all’arte della dinastia Song, poi a quella della dinastia Yuan, che segna gli inizi della pittura dei letterati. Questi letterati usavano le loro opere per esprimere le loro idee politiche, le loro affiliazioni e le loro aspirazioni” [4].

Ciò che affascina Liang in questa tradizione è il modo in cui gli artisti letterati hanno saputo sviluppare un linguaggio pittorico codificato per esprimere posizioni filosofiche e politiche. La tecnica del colpo di pennello, la scelta dei motivi, la composizione, tutti questi elementi formali erano carichi di significati che solo gli iniziati potevano decifrare. Allo stesso modo, Liang usa la ripetizione ossessiva di motivi floreali come un linguaggio cifrato, un sistema di segni che parla del nostro rapporto con il tempo, la bellezza, l’industria e la tradizione.

Questa dimensione di codice segreto ci porta a considerare l’opera di Liang sotto l’angolazione della teoria linguistica di Saussure. Per il linguista svizzero, il segno linguistico unisce non una cosa e un nome, ma un concetto (il significato) e un’immagine acustica (il significante). Nell’arte di Liang, i motivi floreali funzionano come significanti visivi il cui significato non è fisso ma fluttuante, dipendente dal contesto e dall’interpretazione.

I fiori che Liang dipinge instancabilmente sono segni ambivalenti. Da un lato, rimandano ai tessuti industriali da cui provengono, simboli della produzione di massa e della standardizzazione estetica. Dall’altro, tramite il processo meticoloso della loro riproduzione pittorica, si trasformano in oggetti unici, carichi di una presenza singolare. Come Saussure ha dimostrato per il linguaggio, il significato emerge qui non dalla relazione tra il segno e il suo referente, ma dalle relazioni differenziali tra i segni all’interno di un sistema.

Questo gioco di segni è particolarmente evidente nella sua serie emblematica “Golden Notes” (2010), dove due immense tele gemelle presentano lo stesso motivo floreale trattato con variazioni sottili di colore e texture. Come spiega l’artista: “In questa doppia pittura non ho usato il colore oro da nessuna parte, ma ho creato l’impressione dell’oro attraverso le relazioni tra i colori” [5]. Questo colpo di scena pittorico illustra perfettamente come, nel sistema semiotico di Liang, il significato emerga non dagli elementi isolati ma dalle loro relazioni reciproche.

L’interesse di Liang per la linguistica strutturale non è esplicito nelle sue dichiarazioni, ma la sua opera manifesta una coscienza acuta dei meccanismi di significato che governano la nostra percezione del mondo. Trasformando motivi floreali industriali in segni artistici complessi, ci invita a riconsiderare il nostro rapporto con le immagini che saturano il nostro ambiente quotidiano.

Questa esplorazione delle strutture di significato ci conduce a un’altra dimensione fondamentale dell’opera di Liang: la sua critica implicita della società dei consumi. Scegliendo come punto di partenza del suo lavoro motivi floreali derivati da tessuti prodotti in serie, l’artista mette in evidenza la banalizzazione della bellezza nel nostro mondo industrializzato. Come spiega: “Volevo deliberatamente svuotare queste immagini del loro valore. I fiori sono l’elemento decorativo più banale che esista, e ripetendo costantemente questi motivi, li rendo sempre più sbiaditi” [6].

Questo approccio richiama la critica della società dello spettacolo sviluppata da Guy Debord. Per il pensatore francese, la nostra società contemporanea si caratterizza per un’accumulazione infinita di spettacoli, dove “tutto ciò che era vissuto direttamente si è allontanato in una rappresentazione” [7]. I motivi floreali che Liang si appropria sono precisamente tali spettacoli: imitazioni industriali della natura, rappresentazioni standardizzate della bellezza che hanno perso ogni legame con l’esperienza diretta.

Ma là dove Debord assume una posizione frontalmente critica, Liang sviluppa una strategia più sottile. Invece di rifiutare queste immagini spettacolari, le sottopone a un processo di trasformazione che le reintegra di una presenza autentica. Attraverso il suo lavoro manuale minuzioso, con un’estrema attenzione a ogni dettaglio, combatte l’alienazione spettacolare dall’interno stesso delle sue forme. I suoi fiori, sebbene derivati da motivi industriali, ritrovano sotto il suo pennello una singolarità perduta, un’aura che Walter Benjamin avrebbe potuto riconoscere.

Questo processo di trasformazione è particolarmente evidente nella sua serie “2013”, in cui l’artista ha esplorato in modo sistematico le possibilità di un medesimo motivo floreale. Nel corso delle tele, questo motivo inizialmente riconoscibile si trasforma progressivamente, diventando sempre più astratto, fino a trasformarsi in una pura esplorazione del colore e della texture. Questa evoluzione formale illustra perfettamente il modo in cui Liang riesce a trascendere i materiali di partenza, a trasmutare lo spettacolo in esperienza.

L’arte di Liang Yuanwei ci confronta con una contraddizione produttiva: da un lato, accetta pienamente le condizioni del nostro mondo industrializzato e consumistico; dall’altro, vi resiste attraverso una pratica lenta, attenta, quasi meditativa. Questa tensione non si risolve ma si mantiene viva in ciascuna delle sue opere, invitandoci a abitare anche noi questo spazio intermedio, quel luogo dove critica e accettazione possono coesistere.

In un mondo in cui l’arte contemporanea cinese è spesso percepita attraverso il prisma riduttivo del commento politico o dell’appropriazione ironica dei simboli tradizionali, Liang Yuanwei traccia una via singolare. La sua opera, pur inscrivendosi profondamente nel contesto cinese, trascende i confini culturali per parlarci di preoccupazioni universali: il tempo, la bellezza, l’autenticità, la ripetizione.

Se doveste ricordare una sola cosa del suo lavoro, potrebbe essere questa rara capacità di trasformare l’ordinario in straordinario, non con un gesto spettacolare o provocatorio, ma con un impegno paziente con la materia. In ciascuna delle sue tele, Liang ci ricorda che l’attenzione è la forma più radicale di generosità. In un mondo che valorizza la velocità e l’efficienza, la sua arte è un elogio della lentezza e della presenza. E in questi tempi distratti che sono i nostri, non è forse proprio ciò di cui abbiamo bisogno?


  1. Procaccini, A. (2018). “La tecnica dell’affresco e le ‘giornate’ di lavoro”. Studi di Conservazione e Restauro, vol. 45.
  2. Liang, Y. (2017). Intervista a Artron News, “Con gli affreschi, la pop art e la pittura letteraria: il percorso artistico ‘retroattivo’ di Liang Yuanwei”, 27 aprile 2017.
  3. Bergson, H. (1889). Saggio sui dati immediati della coscienza. Parigi: Félix Alcan.
  4. Liang, Y. (2017). “L’artista femminile più rappresentativa della Cina anni ’70: il mio linguaggio artistico è una scelta razionale”, intervista per YT Nouveaux Médias, 19 agosto 2017.
  5. Liang, Y. (2010). “Liang Yuanwei parla della creazione della mostra ‘Golden Notes'”, Artforum Cina, 15 novembre 2010.
  6. Liang, Y. (2014). “Fiori e simboli: intervista sul processo creativo”, Trueart, 3 febbraio 2014.
  7. Debord, G. (1967). La società dello spettacolo. Parigi: Buchet/Chastel.

Was this helpful?
0/400

Riferimento/i

LIANG Yuanwei (1977)
Nome: Yuanwei
Cognome: LIANG
Altri nome/i:

  • 梁远苇 (Cinese semplificato)

Genere: Femmina
Nazionalità:

  • Cina

Età: 48 anni (2025)

Seguimi