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Martedì 18 Novembre

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Zhang Enli: Il poeta del quotidiano trasfigurato

Pubblicato il: 11 Dicembre 2024

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 8 minuti

Zhang Enli è fra quegli artisti che hanno capito che la grandezza non risiede necessariamente nei soggetti grandiosi, ma nella capacità di sublimare l’ordinario. Zhang Enli percepisce la bellezza trascendente negli oggetti più modesti della nostra quotidianità.

Ascoltatemi bene, banda di snob, è giunto il momento di parlare di Zhang Enli, nato nel 1965 nella provincia di Jilin. Ecco un artista che ci onora trasformando la banalità in poesia visiva, offrendoci nel contempo una lezione magistrale sull’arte di vedere oltre le apparenze.

Dove alcuni si sforzano di produrre opere tanto vuote quanto i loro discorsi, Zhang Enli emerge come un vero fenomeno. Fa parte di quegli artisti che hanno capito che la grandezza non risiede necessariamente nei soggetti grandiosi, ma nella capacità di sublimare l’ordinario. Immaginate per un attimo Spinoza che dipinge, sì, lo so, è un esercizio mentale particolare, ma seguitemi in questa analogia. Proprio come il filosofo vedeva l’essenza divina in ogni manifestazione della natura, Zhang Enli percepisce la bellezza trascendente negli oggetti più modesti della nostra quotidianità.

Prendiamo la sua serie dei “contenitori”, quelle scatole di cartone, quei recipienti consumati, quei tubi che si snodano nello spazio. Potrebbe sembrare una versione shanghaiese di Giorgio Morandi, ma è molto più sottile. Zhang non dipinge semplicemente oggetti, cattura la loro anima, la loro essenza, con un approccio che ricorda stranamente la fenomenologia di Maurice Merleau-Ponty. Quest’ultimo parlava della “carne del mondo”, quell’interfaccia tra il visibile e l’invisibile, ed è esattamente ciò che Zhang esplora nelle sue tele. I suoi oggetti non sono semplici rappresentazioni, diventano manifestazioni tangibili del nostro rapporto con il mondo, testimoni silenziosi della nostra esistenza.

Ma è proprio dove Zhang Enli diventa veramente affascinante, che trascende la semplice rappresentazione per raggiungere una forma di meditazione visiva. I suoi “Space Paintings”, quelle installazioni immersive dove dipinge direttamente su pareti, pavimento e soffitto, non sono altro che una radicale reinvenzione del nostro rapporto con lo spazio. È come se Marcel Proust avesse deciso di dipingere i suoi “momenti privilegiati” invece che scriverli. Queste opere ci immergono in un bagno di pura coscienza, dove i confini tra osservatore e osservato si dissolvono. Questa presentazione immersiva ricorda le esperienze di James Turrell sulla percezione e la luce, ma Zhang vi aggiunge una sottile dimensione narrativa che le radica in un’esperienza più quotidiana. Questi spazi diventano una sorta di camere di risonanza dove i nostri ricordi e le nostre esperienze possono dispiegarsi.

Nelle sue ultime opere astratte, Zhang porta ancora oltre questa esplorazione. Le linee fluide, i colori diluiti, le forme che sembrano fluttuare in uno spazio indefinito ci ricordano che ogni percezione è fondamentalmente una costruzione mentale. È qui che il pensiero di William James sul “flusso di coscienza” trova un’eco visiva straordinaria. Le tele di Zhang non rappresentano più oggetti o spazi, diventano cartografie della coscienza stessa.

Ciò che è particolarmente gustoso nel suo approccio è il modo in cui gioca con le convenzioni della pittura tradizionale cinese, sovvertendole gioiosamente. Le griglie che traccia a matita prima di dipingere ricordano la tecnica occidentale del “squaring up”, ma qui servono a creare una deliziosa tensione tra struttura e fluidità. È come se Piet Mondrian avesse deciso di fare una passeggiata in un giardino zen dopo aver bevuto troppo sakè.

Le sue ultime opere, esposte al Long Museum di Shanghai nel 2023, mostrano un’evoluzione affascinante verso una forma di astrazione che in realtà non è tale. Le tracce, i segni, le colature che compongono le sue tele sono tanti segni di una presenza umana, di un’esperienza vissuta. Si pensa a Cy Twombly, ma in modo più sottile, più meditativo. Zhang non cerca di impressionare, cerca di rivelare.

L’ironia suprema in tutto ciò è che Zhang Enli riesce a essere profondamente contemporaneo proprio perché rifiuta le pose e le posture dell’arte contemporanea. In un mondo saturo di immagini urlanti e concetti pomposi, ci propone una forma di silenzio visivo, uno spazio di contemplazione dove lo sguardo può finalmente riposare, respirare, meditare.

Questo artista ha capito qualcosa di essenziale: la vera innovazione nell’arte non consiste nel fare qualcosa di nuovo solo per il gusto del nuovo, ma nel trovare nuovi modi di vedere l’antico. I suoi dipinti sono come koan zen: più li guardiamo, più ci guardano. Ci ricordano che la vera rivoluzione non è nello spettacolare, ma nell’attenzione ai dettagli più minuti della nostra esistenza.

Se pensate che mi stia eccitando troppo, fate un giro al Centre Pompidou o alla Tate Modern, dove le sue opere stanno accanto ai “grandi nomi” dell’arte contemporanea. Vedrete che in questo concerto di gesticolazioni artistiche, le tele di Zhang risuonano con una chiarezza particolare, una presenza che non ha nulla da dimostrare perché è semplicemente lì, autentica e potente nella sua stessa modestia.

Zhang Enli ci offre una lezione preziosa: l’arte più profonda non è quella che urla più forte, ma quella che ci permette di vedere il mondo con occhi nuovi. In un’epoca ossessionata dallo spettacolare e dall’immediato, la sua opera è un invito alla lentezza, all’osservazione paziente, alla contemplazione attiva. È un’arte che non si consuma, ma si vive, che non si spiega, ma si sperimenta.

Quindi la prossima volta che incontrerete una scatola di cartone abbandonata o un tubo da giardino arrotolato in un angolo, pensate a Zhang Enli. E forse, solo forse, vedrete in questi oggetti ordinari la poesia nascosta che solo lui sa rivelare così bene. Perché questo è davvero il genio di questo artista: farci vedere la bellezza dove avevamo smesso di guardare.

Guardiamo più da vicino la sua tecnica pittorica, che merita attenzione. Zhang Enli ha sviluppato un approccio unico alla pittura che sfida le convenzioni pur rispettandole sottilmente. Usa una palette di colori deliberatamente ristretta, creando armonie sottili che ricordano le sfumature di grigio nella pittura a inchiostro tradizionale cinese. Ma ciò che è davvero notevole è il suo modo di lavorare la materia pittorica. Diluise la sua pittura fino a renderla quasi trasparente, creando strati successivi che danno alle sue opere una profondità atmosferica unica.

Questa tecnica ricorda le ricerche di Pierre Bonnard sulla luce e sul colore, ma Zhang vi aggiunge una dimensione metafisica tutta sua. I suoi quadri non sono tanto rappresentazioni quanto manifestazioni, apparizioni che emergono lentamente dalla superficie della tela. È come se ogni quadro fosse il risultato di un lungo processo di meditazione, dove l’artista ha progressivamente distillato l’essenza stessa del suo soggetto.

Prendiamo per esempio la sua serie sugli alberi. Questi dipinti non sono semplici rappresentazioni botaniche, ma esplorazioni profonde del rapporto tra l’organico e l’inorganico, tra natura e città. Zhang dipinge questi alberi come se fossero presenze fantasmatiche, sopravvissuti stoici nel paesaggio urbano di Shanghai. Il modo in cui cattura la luce che filtra attraverso i rami ricorda le sperimentazioni di Claude Monet a Giverny, ma con una sensibilità contemporanea che parla della nostra relazione complessa con la natura nelle metropoli moderne.

Nelle sue ultime opere, in particolare quelle esposte al He Art Museum nel 2023, Zhang mostra un’evoluzione affascinante verso una forma di espressione più libera, più fluida. Gli oggetti e gli spazi che dipinge sembrano dissolversi in una sorta di nebbia colorata, creando composizioni che oscillano tra il tangibile e l’intangibile. Questo approccio ricorda le ricerche di Mark Rothko sulla trascendenza attraverso il colore, ma Zhang vi apporta una sensibilità molto diversa. Dove Rothko cercava di creare esperienze spirituali quasi mistiche, Zhang rimane saldamente ancorato al mondo materiale, anche quando ne esplora gli aspetti più eterei. Le sue astrazioni sono sempre radicate in un’esperienza concreta del mondo, in un’osservazione minuziosa della realtà quotidiana.

C’è qualcosa di profondamente radicale in questo approccio. Zhang ci propone una forma di resistenza tranquilla, una celebrazione della lentezza e dell’attenzione. Le sue opere ci invitano a rallentare, a osservare, a meditare su quegli aspetti del nostro ambiente che spesso diamo per scontati. L’influenza della filosofia buddista è palpabile nel suo lavoro, non in modo esplicito o dogmatico, ma nel modo in cui egli percepisce la realtà. Quest’idea che tutti i fenomeni siano interconnessi, che la forma è vuota e il vuoto è forma, trova un potente eco nelle sue composizioni dove gli oggetti sembrano allo stesso tempo materializzarsi e dissolversi.

Zhang Enli è riuscito a trasformare il nostro sguardo, a farci vedere il mondo in modo diverso. In un’epoca segnata dalla sovrabbondanza visiva e dalla corsa alla novità, la sua opera ci offre uno spazio di contemplazione, un invito a riscoprire la poesia del quotidiano. Zhang Enli ci mostra che è ancora possibile creare un’arte che sia allo stesso tempo profondamente contemporanea e profondamente umana, un’arte che parla alla nostra esperienza comune pur trascendendo i limiti della nostra percezione ordinaria.

È tempo di riconoscere in Zhang Enli uno degli artisti più importanti del nostro tempo, non perché cerchi di rivoluzionare l’arte contemporanea, ma proprio perché ci ricorda cosa può essere l’arte al suo meglio: un mezzo per trasformare la nostra percezione del mondo, per rivelare la bellezza nascosta nel quotidiano, per connetterci a una dimensione più profonda dell’esistenza.

Contrariamente a molti artisti della sua generazione che hanno scelto di esplorare temi politici o sociali in modo esplicito, Zhang ha optato per un approccio più sottile, più poetico. Le sue prime opere figurative degli anni ’90, che rappresentavano scene della vita quotidiana a Shanghai, testimoniavano già una sensibilità unica, una particolare attenzione ai dettagli apparentemente insignificanti della vita urbana.

Ma è veramente nella sua transizione verso la pittura di oggetti all’inizio degli anni 2000 che Zhang ha cominciato a sviluppare il suo linguaggio artistico più personale. Le sue serie di “contenitori”, scatole di cartone, secchi, tubi, possono essere viste come una profonda meditazione sulla natura dell’esistenza. In questo senso, egli non è semplicemente un artista importante del nostro tempo, ma un vero filosofo del visibile, un poeta dell’ordinario che trasforma il nostro sguardo e arricchisce la nostra esperienza quotidiana.

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Riferimento/i

ZHANG Enli (1965)
Nome: Enli
Cognome: ZHANG
Genere: Maschio
Nazionalità:

  • Cina

Età: 60 anni (2025)

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