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Anna Park: Tempesta di carboncino nell’era digitale

Pubblicato il: 2 Gennaio 2025

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 4 minuti

Nelle sue vertiginose composizioni a carboncino, Anna Park cattura il caos della nostra epoca digitale in cui i corpi si contorcono e si frammentano. I suoi disegni monumentali non sono semplici illustrazioni, ma manifesti visivi che affrontano il nostro rapporto morboso con i social network.

Ascoltatemi bene, banda di snob, è tempo di parlare di Anna Park, nata nel 1996 a Daegu, in Corea del Sud. Questa artista di 28 anni, che vive e lavora a Brooklyn, non è qui per cullarvi con illusioni o accarezzarvi con disegni carini e innocui. No, è qui per scuotervi, sconvolgervi, farvi perdere l’equilibrio con le sue opere a carboncino che catturano quel preciso momento in cui tutto cambia.

Cominciamo da ciò che fa la sua firma: le sue composizioni vertiginose che catturano il caos della nostra epoca digitale. Park domina l’arte di creare scene da incubo dove i corpi si contorcono, si frammentano e si dissolvono in un maelstrom di energia frenetica. I suoi disegni monumentali, spesso lunghi più di 3 metri, non sono semplici illustrazioni, sono manifesti visivi che affrontano il nostro rapporto malsano con i social media e la sovraccarica informativa. È come se Francis Bacon avesse fatto un figlio con Willem de Kooning, e quel figlio fosse cresciuto scorrendo ossessivamente Instagram per ore.

Questo approccio ricorda stranamente la teoria del “simulacro” di Jean Baudrillard, sapete, quel filosofo francese che affermava che viviamo in un mondo in cui la copia ha sostituito l’originale. Park porta questo concetto ancora più lontano creando opere che sono al tempo stesso familiari e profondamente inquietanti. Le sue figure femminili, spesso ispirate alla pubblicità degli anni ’50, sorridono in modo meccanico, i loro volti si disintegrano in vortici di carboncino. Queste donne non sono vittime, sono le protagoniste di una commedia nera che si svolge negli abissi della nostra coscienza collettiva.

La seconda dimensione affascinante del suo lavoro risiede nella sua capacità di trasformare il carboncino, un medium primitivo per eccellenza, in uno strumento di critica sociale tagliente. C’è qualcosa di profondamente ironico nell’usare un pezzo di carbone per dissezionare il nostro mondo ultra-tecnologico. Le sue opere recenti integrano ora del testo, frasi come “Look, look” o “Good Girl” che fluttuano come slogan pubblicitari deviati nelle sue composizioni. È un po’ come se Barbara Kruger avesse deciso di fare un brutto viaggio sotto acido, e il risultato è elettrizzante.

Walter Benjamin parlava dell’aura dell’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Park invece crea una nuova forma di aura, un’aura digitale che pulsa e vibra attraverso le sue composizioni in bianco e nero. I suoi disegni sono come screenshot di un mondo in piena disintegrazione, dove la realtà e il virtuale si confondono in una danza macabra.

Ciò che rende il suo lavoro così incisivo è la sua capacità di mantenere una tensione costante tra controllo e caos. Ogni tratto di carboncino è al tempo stesso preciso e selvaggio, calcolato e spontaneo. Park gioca con i nostri nervi come un DJ manipola i suoi piatti, creando crescendo visivi che ci lasciano senza fiato. Trasforma le nostre ansie collettive in sinfonie visive cacofoniche che risuonano con un’intensità rara nel panorama artistico contemporaneo.

Le sue influenze sono molteplici, si possono vedere echi di Ralph Steadman nella violenza del tratto, un po’ di Richard Prince nell’uso deviato dei codici pubblicitari, e persino un tocco di Raymond Pettibon nell’uso del testo. Ma Park trascende le sue influenze per creare qualcosa di decisamente contemporaneo. Cattura l’essenza stessa della nostra epoca: quella sensazione costante di essere sul punto di perdere l’equilibrio, di cadere nell’abisso.

Susan Sontag scriveva che l’arte doveva essere una forma di coscienza alterata. Le opere di Park sono proprio questo, portali verso uno stato di coscienza modificato in cui le nostre certezze si dissolvono in un vortice di carboncino. Ci costringe a guardare il nostro stesso riflesso deformato nello specchio nero della nostra cultura digitale.

Quindi sì, potete continuare ad ammirare le vostre piccole acquerelli ben ordinate e le vostre nature morte confortevoli. Ma sappiate che nel frattempo Anna Park sta ridefinendo cosa significa essere un’artista nel XXI secolo. Lei non chiede gentilmente il permesso di entrare nella storia dell’arte, vi fa irruzione con la forza di un uragano, lasciando dietro di sé opere che ci perseguiteranno a lungo dopo che avremo distolto lo sguardo.

E se non capite il suo lavoro, forse è perché siete troppo occupati a postare foto del vostro brunch su Instagram per vedere la verità che lei mette a nudo: tutti noi ci stiamo annegando in un oceano di immagini, e Park è una delle poche artiste ad avere il coraggio di mostrarcelo senza veli.

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Riferimento/i

PARK Anna (1996)
Nome: Anna
Cognome: PARK
Altri nome/i:

  • 안나 파크 (Coreano)

Genere: Femmina
Nazionalità:

  • Corea del Sud
  • Stati Uniti

Età: 29 anni (2025)

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