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He Duoling: Meditazione sulla nostra condizione umana

Pubblicato il: 19 Marzo 2025

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 11 minuti

He Duoling coltiva da quattro decenni un’opera pittorica dove natura e umanità dialogano in una tensione poetica. I suoi quadri, popolati da donne e paesaggi onirici, rivelano un artista che trascende le etichette per esplorare la nostra presenza al mondo.

Ascoltatemi bene, banda di snob. Ci si ripete costantemente che l’arte cinese contemporanea si riduce a simboli politici riciclati o a provocazioni concettuali destinate a stuzzicare i collezionisti occidentali. Eppure, nel cuore di questa Cina in continua mutazione, He Duoling coltiva da quattro decenni un giardino segreto dove il tempo sembra sospeso, dove la pittura diventa lo spazio di una profonda meditazione visiva sulla nostra condizione umana.

Nato nel 1948 a Chengdu, nella provincia del Sichuan, He Duoling si è formato lontano dai riflettori dell’arte globalizzata, sviluppando un’opera di sorprendente coerenza che esplora i confini porosi tra natura e umanità, tra memoria personale e inconscio collettivo. Le sue tele, che spesso raffigurano giovani donne immerse in paesaggi onirici o erbe selvatiche che danzano al vento, emanano una tensione elettrica che ti prende allo stomaco, anche se fai finta di niente.

Il suo percorso artistico, dalla sua opera emblematica “Il soffio della primavera si è risvegliato” (1981) alle sue recenti serie “Foresta russa” e “Giardino selvaggio”, rivela un pittore profondamente radicato in una tradizione pittorica che non ha mai cessato di reinventare integrando riferimenti tratti dalla filosofia fenomenologica e dalla poesia contemporanea. Lontano dal trambusto e dalle mode, He Duoling scava un solco singolare che merita attenzione.

La fenomenologia di Maurice Merleau-Ponty ci ha insegnato che la nostra percezione del mondo è prima di tutto corporea, che il nostro corpo è ciò attraverso cui facciamo esperienza del reale. Questa idea trova un’eco sorprendente nell’opera di He Duoling, in particolare nel suo modo di trattare la presenza dei corpi nello spazio. In “La Terza generazione” (1984), questo affresco collettivo eccezionale nella sua opera, i personaggi non sono semplicemente disposti in un decor ; incarnano una presenza al mondo, una coscienza incarnata [1]. Il personaggio centrale con il maglione rosso, la poetessa Zhai Yongming, fissa lo spettatore con un’intensità perturbante, come per interrogarlo sulla sua stessa presenza. Questo sguardo non è aneddotico, è l’espressione di una coscienza che sa di essere guardata.

Questa coscienza fenomenologica del corpo e dello sguardo attraversa tutta l’opera di He. Nei suoi ritratti femminili degli anni ’90, come “Piccola Zhai” o “La donna in nero”, i soggetti non sono mai semplici oggetti di contemplazione estetica. I loro sguardi, spesso malinconici o distanti, stabiliscono una relazione complessa con lo spettatore, creando quella che Jean-Paul Sartre chiamava “l’esperienza dell’altro”, quell’incontro con un’altra coscienza che mi guarda e mi costituisce come oggetto [2]. La coscienza dell’altro diventa così un tema centrale della sua opera, facendo della pittura non un semplice esercizio di rappresentazione, ma una vera meditazione sull’intersoggettività.

Ciò che mi interessa di He Duoling è che crea spazi pittorici dove il tempo sembra dilatato, come sospeso tra più temporalità. Prendete “Verso l’albero” (1989) o “Il corvo e la donna” (1991), dipinti dove il tempo non è più lineare ma verticale, stratificato. Le figure sembrano fluttuare in un intermezzo temporale, né totalmente presenti né completamente assenti. Questa concezione del tempo richiama le riflessioni di Octavio Paz sulla natura circolare del tempo poetico, opposta al tempo lineare e storico della modernità occidentale [3].

L’influenza della poesia su He Duoling è del resto fondamentale. Lettore appassionato di Robinson Jeffers, Wallace Stevens e dei poeti della “Silver Age” russa, intrattiene un dialogo continuo con la poesia contemporanea cinese, in particolare con l’opera di Zhai Yongming, di cui ha realizzato diversi ritratti. Nel suo dipinto “Il corvo è bello” (1988), ispirato a “Tredici modi di guardare un merlo” di Wallace Stevens, He Duoling traduce pittoricamente questa idea che il reale si dà a vedere secondo prospettive multiple e simultanee. Il corvo che sorvola la donna immobile diventa allora una metafora visiva della coscienza poetica che sovrasta e trasforma l’esperienza ordinaria.

Come scrive Paz in “L’arco e la lira” : “La poesia è rivelazione della nostra condizione originaria” [4]. I dipinti di He Duoling sembrano proprio ricercare questa condizione originaria, quel momento in cui la nostra percezione del mondo non è ancora mediata dalle categorie del pensiero razionale. Nei suoi paesaggi di erbe selvatiche degli anni 2010, come nella serie “Giardino selvaggio”, i confini tra soggetto e oggetto, tra corpo e mondo, tendono a cancellarsi a favore di un’esperienza immediata, quasi sinestetica, del reale.

La serie “Foresta russa”, iniziata nel 2016, costituisce una svolta nella sua opera. Collocando le figure di Puskin, Tolstoj, Achmatova o Šostakovič nella densità misteriosa delle foreste russe, He Duoling crea dipinti che sono meno ritratti storici e più costellazioni visive dove il volto umano diventa il punto di focalizzazione di una memoria culturale collettiva. Per l’artista, la foresta russa rappresenta una sorta di matrice originaria, uno spazio archetipico dove si radica una certa idea di cultura. “Quando vai nelle foreste della Russia, senti che i tuoi occhi sono diventati un obiettivo grandangolare”, dice [5]. Questo commento potrebbe sembrare banale, ma rivela una concezione fenomenologica della percezione: il paesaggio non è un semplice sfondo, modifica il nostro stesso modo di vedere.

Ciò che distingue fondamentalmente He Duoling dai pittori della sua generazione è proprio questa attenzione fenomenologica al mondo, questo modo di considerare la pittura non come un mezzo per rappresentare il reale, ma come un modo per interrogare la nostra stessa presenza nel mondo. La sua pittura opera così una sorta di riduzione fenomenologica, nel senso husserliano del termine: mette tra parentesi le nostre presupposizioni sul mondo per tornare alle cose stesse, all’esperienza vissuta nella sua nudità [6].

I critici occidentali hanno spesso cercato di associare He Duoling a correnti come lo “Scar Art” (arte della cicatrice) o il realismo lirico. Queste etichette non rendono giustizia alla complessità della sua opera. Certamente, i suoi primi dipinti come “Il soffio della primavera si è risvegliato” (1981) possono essere letti come metafore dello scongelamento politico seguito alla Rivoluzione culturale. Ma ridurre la sua arte a una semplice reazione contro il realismo socialista ufficiale significherebbe perdere l’essenziale.

Perché ciò che anima fondamentalmente He Duoling è una ricerca estetica che trascende le contingenze politiche. Le sue influenze occidentali, Andrew Wyeth, i prerafaelliti inglesi, i paesaggisti russi come Levitan, sono reinterpretate attraverso il prisma di una sensibilità profondamente cinese. Nei suoi dipinti degli anni ’90, come la serie “Labirinto” o “Progetto di giardino”, integra elementi della pittura tradizionale cinese, l’attenzione al vuoto, la fluidità del tratto, la concezione non prospettica dello spazio, tutto mantenendo le tecniche della pittura a olio occidentale.

Questa ibridazione culturale non è una semplice giustapposizione di elementi eterogenei, ma procede da una vera alchimia pittorica. Come scrive il critico Zhu Zhu: “He Duoling non cerca di risolvere la tensione tra Est e Ovest, ma di abitarla” [7]. Questa posizione intermedia, questo intermezzo culturale, richiama ciò che il filosofo François Jullien chiama “la distanza”, quella distanza produttiva tra due tradizioni che permette di pensare in modo diverso [8].

Ciò che è interessante in He Duoling è che rinnova costantemente il suo linguaggio pittorico senza mai rinnegarsi. La sua evoluzione stilistica, dall’iperrealismo malinconico degli anni 1980 all’espressionismo più libero delle sue opere recenti, testimonia una ricerca incessante per adattare la sua tecnica all’evoluzione della sua visione. Nei suoi dipinti recenti come “Muro delle donne, Giardino selvaggio” (2019), le figure femminili si fondono quasi nella vegetazione lussureggiante, come se il corpo e il paesaggio partecipassero di una stessa sostanza pittorica.

Questa fusione tra figura e sfondo non manca di richiamare alcune riflessioni di Maurice Merleau-Ponty sulla “carne del mondo”, quell’idea che il nostro corpo e il mondo sensibile sono fatti della stessa stoffa ontologica [9]. Nella pittura di He Duoling, particolarmente nelle sue serie recenti dedicate alle erbe selvatiche, si percepisce questo tentativo di cogliere ciò che Merleau-Ponty chiamava “l’intreccio”, quella relazione di sovrapposizione e avvolgimento reciproco tra il vedente e il visibile, tra il corpo e il mondo.

L’erba, questo motivo ricorrente nell’opera di He, non è mai un semplice elemento decorativo. Incorpora una forma di vita elementare, anonima, che persiste comunque. Come scrive il poeta Robinson Jeffers, che He Duoling ammira profondamente: “Sotto la facciata di un potere glorioso e di un silenzio lugubre, si nasconde un forte e ultimo sentimento di distacco. È una percezione collettiva della sublimità e dell’agonia” [10]. Questa descrizione potrebbe applicarsi perfettamente ai dipinti di erbe selvatiche di He Duoling, dove la natura non è idealizzata ma catturata nella sua vitalità grezza, quasi animale.

La poesia giapponese dell’haiku, con la sua attenzione ai minimi dettagli della natura, offre forse una chiave per comprendere l’approccio di He Duoling. Come il maestro dell’haiku Bashō che poteva dedicare un’intera poesia a una rana che salta in uno stagno, He Duoling può dedicare una tela monumentale a un semplice campo di erbe. Questa attenzione microscopica al dettaglio, questa capacità di vedere l’universale nel particolare, testimonia una sensibilità poetica che trascende i confini culturali.

Nella sua serie recente “Osservarsi” (2021), He Duoling torna al ritratto, ma con un approccio radicalmente nuovo. Questi ritratti di giovani donne, realizzati a partire da selfie inviati dai modelli, interrogano il nostro rapporto contemporaneo con l’immagine di sé. “Alcune ragazze non si guardano quasi più allo specchio, si vedono attraverso i selfie”, osserva [11]. Questi dipinti dialogano così con la nostra epoca digitale pur inserendosi nella lunga tradizione del ritratto occidentale. Il pittore confronta la tradizione del ritratto psicologico nell’era dei social network e dell’autoesposizione permanente.

Quello che colpisce in questi ritratti recenti è la rapidità di esecuzione dichiarata dall’artista: ogni tela è realizzata in mezza giornata, con pennelli larghi che non permettono i dettagli minuti delle sue opere precedenti. Questa spontaneità assunta traduce un’evoluzione nel suo rapporto con il tempo della creazione. Come confida: “Ora forse sono più distaccato. Con l’età, penso di poter dipingere qualsiasi cosa. Quando il tempo lo permette e i fiori sono abbondanti, dipingo fiori. Quando fa troppo caldo, resto dentro e dipingo ritratti” [12].

Questa libertà recentemente conquistata, questa capacità di lasciar emergere l’imprevisto nel gesto pittorico, testimonia una saggezza acquisita nel corso degli anni. He Duoling sembra aver assimilato la lezione della pittura tradizionale cinese, dove la spontaneità del gesto prevale sulla perfezione formale. Come scrive François Cheng riguardo alla pittura letteraria cinese: “Il pittore non rappresenta, presenta; non riproduce, produce” [13]. Nelle sue opere recenti, He Duoling non cerca più di rappresentare metodicamente il reale, ma di produrre un evento pittorico che condensa un’esperienza vissuta.

Questa evoluzione stilistica non è un rinnegamento delle sue prime opere, ma la loro naturale continuazione. La meticolosità iperrealista dei suoi quadri degli anni Ottanta e la libertà espressiva delle sue opere recenti seguono la stessa ricerca: rendere visibile ciò che, nella nostra esperienza del mondo, solitamente sfugge allo sguardo. Come dice lui stesso: “Non cerco di registrare eventi concreti, ma piuttosto di poetizzare ciò che ho visto e vissuto, di ricombinarlo e di esprimerlo in un linguaggio poetico” [14].

Questa poetizzazione del reale, questa trasfigurazione del quotidiano attraverso lo sguardo artistico, ci ricorda ciò che Octavio Paz scriveva sulla funzione della poesia: “La poesia non è la verità: è la risurrezione delle presenze” [15]. I dipinti di He Duoling operano proprio questa risurrezione delle presenze, che si tratti di una giovane ragazza in un prato, di Anna Akhmatova in una foresta russa o di un semplice campo di erbe selvatiche.

Ciò che fa la singolarità e la grandezza di He Duoling nel panorama dell’arte contemporanea cinese è la sua ostinata fedeltà alla pittura come medium e come pratica, in un contesto in cui i nuovi media sembrano promettere la morte della pittura tradizionale. Contro le sirene dell’arte concettuale e dell’installazione, ha sostenuto che la pittura può ancora dire qualcosa di essenziale sulla nostra condizione.

Come afferma: “La pittura a cavalletto continuerà a esistere perché ci sono ancora persone che ne hanno bisogno. Che sia per appenderla a casa o in un museo, questa produzione manuale dell’uomo è estremamente preziosa. È un dialogo diretto tra cervello, mano e natura, un’espressione diretta dello spirito. È la forma più diretta che ci sia, quindi penso che continuerà a esistere e non scomparirà mai veramente” [16].

Allora, banda di snob, prima di correre verso la prossima installazione video alla moda o l’ultima performance dirompente, prendetevi il tempo di contemplare i dipinti di He Duoling. Vi ricorderanno che la pittura, quest’arte millenaria che alcuni si affrettano a seppellire, può ancora emozionarci profondamente e rivelarci, nello specchio dell’immagine, qualcosa della nostra stessa umanità.


  1. Zhu Zhu, “He Duoling: La privatizzazione del tempo”, catalogo della mostra “Erba e Colore”, Long Museum, Shanghai, 2021.
  2. Jean-Paul Sartre, “L’Essere e il Nulla”, Gallimard, Paris, 1943.
  3. Octavio Paz, “La scimmia grammatico”, Éditions d’art Albert Skira, Ginevra, 1972.
  4. Octavio Paz, “L’Arco e la Lira”, Gallimard, Paris, 1965.
  5. Wang Jie, “La natura eterna e squisita della donna”, Shanghai Daily, 7 maggio 2021.
  6. Edmund Husserl, “Idee fondanti per una fenomenologia”, Gallimard, Paris, 1950.
  7. Zhu Zhu, “Uno sguardo a uno, fino a dove si può andare? Interpretazione delle nuove opere di He Duoling”, Art China, 2009.
  8. François Jullien, “Dallo scarto all’inudito”, Galilée, Paris, 2019.
  9. Maurice Merleau-Ponty, “Il visibile e l’invisibile”, Gallimard, Paris, 1964.
  10. Robinson Jeffers, “Le Becchime delle aquile”, The Selected Poetry of Robinson Jeffers, Stanford University Press, 2001.
  11. Intervista a He Duoling da parte di Zhang Zhaobei, Hi Art, maggio 2021.
  12. Wang Jie, “La natura eterna e squisita della donna”, Shanghai Daily, 7 maggio 2021.
  13. François Cheng, “Soffio-Spirito: testi teorici cinesi sull’arte pittorica”, Seuil, Paris, 1989.
  14. Yuan Sitao, “He Duoling: non faccio poesia, ma dipingo con la poesia”, Xinhua News, 20 maggio 2021.
  15. Octavio Paz, “L’Arco e la Lira”, Gallimard, Parigi, 1965.
  16. Yuan Sitao, “He Duoling: non faccio poesia, ma dipingo con la poesia”, Xinhua News, 20 maggio 2021.
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Riferimento/i

HE Duoling (1948)
Nome: Duoling
Cognome: HE
Altri nome/i:

  • 何多苓 (Cinese semplificato)
  • 何多苓 (Cinese tradizionale)

Genere: Maschio
Nazionalità:

  • Cina

Età: 77 anni (2025)

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