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Martedì 18 Novembre

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Joel Mesler: Mercante del proprio passato

Pubblicato il: 2 Aprile 2025

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 8 minuti

Joel Mesler trasforma i traumi della sua infanzia in dipinti aciduli dove la carta da parati del Beverly Hills Hotel diventa un motivo ricorrente. Sotto la superficie scintillante delle sue opere si nasconde una profondità psicologica che rende ogni tela una confessione intima.

Ascoltatemi bene, banda di snob, è tempo di smettere con le vostre pose intellettuali e di aprire bene gli occhi su Joel Mesler, quest’artista americano che vi stuzzica con i suoi dipinti tanto scintillanti quanto un cocktail californiano servito a bordo piscina negli anni ’80. Mesler non è una di quelle comete effimere del mercato dell’arte, anche se ha conosciuto una ascesa fulminea, un aumento del 900% in tre anni, come riferiscono i suoi mercanti con la delicatezza di un elefante in un negozio di porcellane [1]. No, Mesler è un fenomeno molto più complesso, un ex mercante d’arte diventato pittore che trasforma i suoi traumi d’infanzia in quadri acidulati che i collezionisti si contendono.

Nell’universo di Mesler, la psicoanalisi e il cinema d’autore si incontrano per formare una visione artistica singolare, dove ogni tela è una seduta di terapia condotta sotto i riflettori di uno studio hollywoodiano. Se Freud fosse stato direttore della fotografia per David Lynch, il risultato somiglierebbe probabilmente alle opere di Mesler, un miscuglio esplosivo di affetti repressi ed estetica accuratamente orchestrata.

Cominciamo dalla psicoanalisi, quella scienza delle profondità psichiche che sarebbe molto utile per decodificare l’opera del nostro artista. Mesler non nasconde che la sua produzione artistica è radicata in un momento preciso: il traumatico divorzio dei suoi genitori, più specificamente una scena al Beverly Hills Hotel dove suo padre, medico cocainomane, rovesciò il tavolo della colazione, proiettando uova alla Benedict sulla gonna di sua madre [2]. Una scena degna di un film di Cassavetes, ma vissuta da un bambino di 11 anni che diventerà più tardi un artista ossessionato dalla carta da parati Martinica con motivi di foglie di banano, proprio quella che ornava le pareti di quel famoso hotel.

Nella più pura tradizione psicoanalitica, Mesler usa la sua pratica artistica come strumento di guarigione. “Uso lo stesso verde quando dipingo e ottengo lo stesso verde sotto le unghie. Adesso mi sono dato potere. Guadagno soldi grazie al mio trauma”, confessa l’artista [3]. Ecco una strumentalizzazione del trauma che farebbe sorriso lo stesso Freud! La sublimazione non è mai stata così redditizia.

La carta da parati del Beverly Hills Hotel è diventata per Mesler ciò che la madeleine era per Proust, un innesco sensoriale che apre le dighe della memoria involontaria. Ma a differenza dello scrittore francese, Mesler non si limita a contemplare i suoi ricordi: li trasforma in merci vendute a peso d’oro. La psicoanalisi ci insegna che il sintomo può diventare una goduria; in Mesler è diventato una mercanzia.

Questa trasformazione del trauma in opera d’arte non è senza richiamare le teorie di Alfred Hitchcock sulla gestione dell’ansia: “Faccio sempre subire ai miei personaggi ciò di cui ho più paura io stesso.” Mesler applica questo principio alla propria vita, esponendo le sue paure, le sue vergogne e debolezze in quadri dai colori gioiosi che attirano lo sguardo prima di turbare la mente. La psicoanalisi lacaniana parlerebbe qui di un sintomo travestito da sinthome, cioè una sofferenza trasformata in creazione.

Le lettere e le parole che popolano le sue tele funzionano come associazioni libere, tecnica cara alla psicoanalisi freudiana. Nella sua serie alfabetica presentata alla galleria Simon Lee, ogni lettera è legata a un ricordo, a una via di Los Angeles, a un frammento di passato [4]. Questa frammentazione del racconto personale in unità simboliche isolate richiama il modo in cui la memoria traumatica si spezza e si ristruttura.

Se la psicoanalisi ci aiuta a comprendere le fondamenta dell’opera di Mesler, il cinema d’autore ci offre una chiave di lettura per la sua estetica. L’artista stesso rivendica questa influenza descrivendo la sua vita come “i film Kramer contro Kramer e Taxi Driver messi insieme” [5]. Questo riferimento non è casuale. Da un lato, il dramma familiare di Robert Benton che esplora le conseguenze emotive di un divorzio su un bambino; dall’altro, il ritratto scorsesiano di un uomo alienato in una città ostile. Tra questi due poli si colloca l’universo pittorico di Mesler.

La messa in scena dei suoi quadri ricorda le composizioni curate di un Wes Anderson, con i loro colori saturi e la loro apparente ingenuità che nasconde una profonda malinconia. Come nei film di Sofia Coppola, il lusso e l’opulenza fungono da sfondo a drammi intimi, disillusioni e perdite di innocenza. Le piscine che appaiono frequentemente nell’opera di Mesler funzionano come quelle dei film di David Hockney o di François Ozon, simboli ambivalenti di piacere e pericolo, di libertà e prigionia.

L’installazione “Pool Party” prevista per il 2024 al Rockefeller Center [6] illustra perfettamente questa ambivalenza. Trasformando la pista di pattinaggio simbolo in una piscina finta, Mesler gioca con i codici del cinema californiano, sole, acqua blu, palloni da spiaggia, mentre sovverte queste immagini da cartolina con uno spostamento contestuale che le rende leggermente inquietanti, come in un film di Lynch.

Le tecniche narrative del cinema d’autore si ritrovano anche nel modo in cui Mesler struttura la sua opera in sequenze e serie. La sua recente mostra al Long Museum di Shanghai, intitolata “Spiritual Journey”, funzionava come un road movie pittorico, in cui ogni tela costituiva una tappa di un viaggio interiore [7]. Questa narrazione frammentata, non lineare, in cui presente e passato si confondono, evoca i montaggi ellittici di un Terrence Malick.

La dualità è al centro del lavoro di Mesler, come lo è in molti film d’autore. Luce e oscurità, vuoto e pieno, inizio e fine, queste opposizioni strutturano le sue composizioni. Le sue aurore e i suoi crepuscoli, materializzati da uccelli in ceramica, ricordano le transizioni temporali usate da Tarkovski per segnare i passaggi tra diversi stati di coscienza [8].

I rabbini disco che Mesler ha iniziato a dipingere di recente illustrano perfettamente questa convergenza tra psicoanalisi e cinema d’autore. Riprendendo ritratti tradizionali di rabbini per trasformarli in icone pop dai colori sgargianti, l’artista opera una forma di montaggio cinematografico tra sacro e profano, tradizione e modernità. Questo gesto richiama il lavoro di Martin Scorsese sulle figure religiose, dove la spiritualità è sempre tinta di umanità fallibile.

“Non smetterò mai di dipingere rabbini”, dichiara Mesler [9]. Questa ossessione per una figura di autorità spirituale può essere letta come una ricerca del padre simbolico, tema caro alla psicoanalisi. La collezione di oltre 300 ritratti di rabbini che ha accumulato evoca il concetto freudiano di compulsion de répétition, un tentativo inconscio di padroneggiare un trauma passato replicandolo in una forma controllata.

Il percorso di Mesler, da mercante d’arte ad artista, da tossicodipendente a uomo sobrio, assomiglia a uno scenario di redenzione hollywoodiano. “Mi sono svegliato la mattina dopo con un pacchetto di tacchino in mano e pochi quadri come risultato. Ho smesso di bere qualche settimana dopo”, racconta [10]. Questa confessione potrebbe far parte di un film di Paul Thomas Anderson, dove i personaggi oscillano tra autodistruzione e redenzione.

La sobrietà ha fondamentalmente trasformato il suo approccio artistico. “Pre-sobrietà, vivevo nell’ego. Tutto ruotava attorno a me”, spiega Mesler [11]. Questa presa di coscienza richiama i momenti epifanici dei film di Jim Jarmusch, in cui i personaggi raggiungono improvvisamente una lucidità che li trasforma.

Le lettere dorate a forma di palloncini Mylar che fluttuano nelle sue opere recenti testimoniano questa nuova leggerezza. Ma questi palloncini non sono né completamente gonfi né totalmente sgonfi, si trovano in uno stato intermedio, incerto, come sospesi tra ascesa e caduta. Questa ambiguità deliberata evoca i finali aperti del cinema d’autore, che rifiutano una risoluzione facile a favore di una verità più complessa.

L’opera di Joel Mesler funziona come una seduta di psicoanalisi filmata da un regista visionario. Ogni tela è allo stesso tempo una confessione intima e una messa in scena sofisticata, un lavoro terapeutico e una produzione artistica consapevole dei suoi effetti. Non è un caso che i suoi quadri si vendano a prezzi astronomici (275.000 dollari da Christie’s nel 2021) [12]: offrono ai collezionisti non solo un oggetto estetico, ma anche uno specchio in cui proiettare i propri desideri e ansie.

E se non siete ancora convinti della profondità nascosta dietro l’apparente frivolezza di Mesler, considerate questo: la sua opera ci ricorda che la bellezza è spesso la più efficace delle occultazioni, che la risata può nascondere il dolore più acuto, e che l’arte più rilevante nasce talvolta dai traumi più devastanti. Una lezione che sia il cinema d’autore che la psicoanalisi ci hanno insegnato da tempo, ma che sembriamo condannati a dimenticare, finché un artista come Mesler non ce la ricorda, a colpi di foglie di banano e serpenti colorati.


  1. Neuendorf, Henri. “We’re in Uncharted Territory’: Artist Joel Mesler on How a Career as a Dealer Prepared Him Not at All to Become a Market Darling”, Artnet News, 12 luglio 2021.
  2. Eisler, Maryam. “Joel Mesler: What Lies Beneath The Eye Candy”, LUX Magazine, 2022.
  3. “Joel Mesler”, Alain Elkann Interviews, 14 aprile 2024.
  4. Kachka, Boris. “How an Art Dealer Became an Up-and-Coming Painter”, The New York Times, 19 giugno 2018.
  5. “Joel Mesler”, Alain Elkann Interviews, 14 aprile 2024.
  6. “Joel Mesler: Kitchens are good rooms to cry in”, Lévy Gorvy Dayan, comunicato stampa, 2024.
  7. “Joel Mesler”, Avviso di vendita, Norton Museum of Art, 2025 Gala Auction, 1º febbraio 2025.
  8. “Joel Mesler: Kitchens are good rooms to cry in”, Lévy Gorvy Dayan, comunicato stampa, 2024.
  9. “Joel Mesler”, Alain Elkann Interviews, 14 aprile 2024.
  10. Kachka, Boris. “How an Art Dealer Became an Up-and-Coming Painter”, The New York Times, 19 giugno 2018.
  11. Eisler, Maryam. “Joel Mesler: What Lies Beneath The Eye Candy”, LUX Magazine, 2022.
  12. Neuendorf, Henri. “We’re in Uncharted Territory’: Artist Joel Mesler on How a Career as a Dealer Prepared Him Not at All to Become a Market Darling”, Artnet News, 12 luglio 2021.
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Riferimento/i

Joel MESLER (1974)
Nome: Joel
Cognome: MESLER
Genere: Maschio
Nazionalità:

  • Stati Uniti

Età: 51 anni (2025)

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