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Li Tianbing: L’alchimista della memoria collettiva

Pubblicato il: 6 Gennaio 2025

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 6 minuti

Li Tianbing trasforma il piombo della propaganda in oro della verità personale. I suoi autoritratti d’infanzia moltiplicati, popolati da fratelli immaginari, non sono una semplice lamentela personale ma un pugno sociale che colpisce dritto ai denti la politica del figlio unico.

Ascoltatemi bene, banda di snob. Vi parlerò di Li Tianbing, nato nel 1974 nella provincia di Guilin, un artista che scuote le vostre certezze borghesi sull’arte contemporanea cinese. Sì, questo bambino solitario diventato maestro della dualità pittorica, che giostra tra Oriente e Occidente con la precisione di un funambolo ubriaco di libertà.

Pensate di conoscere l’arte cinese contemporanea? Lasciate che rida. Mentre alcuni si estasiavano davanti a calligrafie tradizionali sorseggiando il loro tè verde biologico da 50 euro i 100 grammi, Li Tianbing smonta metodicamente i vostri pregiudizi con la sottigliezza di un chirurgo e la rabbia di un pugile.

La sua prima tematica è la solitudine forzata di un’intera generazione. Nel 2006 inizia a creare ciò che diventerà la sua firma: autoritratti d’infanzia moltiplicati, popolati da fratelli immaginari. Non vedete qui una semplice lamentela personale. No, è un uppercut sociale che colpisce dritto i denti della politica del figlio unico. Walter Benjamin parlava dell’aura dell’opera d’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica, ebbene, Li Tianbing crea l’aura dell’assenza, la presenza fantomatica dei figli mai esistiti. È del Jean-Paul Sartre in pittura, amici miei: l’esistenza precede l’essenza, tranne quando l’essenza è negata per decreto governativo.

I suoi quadri monocromatici, punteggiati da macchie di inchiostro che ricordano le fotografie deteriorate dei Khmer rossi, non sono lì per fare bella mostra nel vostro salotto. Questi segni sono come cicatrici sulla tela, stigmate di una memoria collettiva mutilata. Roland Barthes avrebbe adorato: il punctum non è più nella foto, è in queste macchie che deturpano la rappresentazione, come punti di sutura sul volto della Storia.

La seconda tematica di Li è la collisione brutale tra tradizione e modernità nella Cina contemporanea. Le sue scene urbane recenti sono sinfonie visive cacofoniche dove il cemento grigio dialoga con i colori fluorescenti delle pubblicità. Francis Bacon incontra la street art cinese in un’orgia visiva che farebbe impallidire Deleuze e la sua logica della sensazione. I corpi si contorcono, si mescolano, si scontrano in una danza macabra del capitalismo trionfante.

Li Tianbing non dipinge, esegue un’archeologia del presente. Ogni pennellata è uno scavo negli strati della memoria collettiva cinese. Usa la tecnica tradizionale dello Xieyi con la stessa disinvoltura di un DJ che mixa Bach con l’hip-hop. E funziona! Theodor Adorno si rivolterebbe nella tomba, lui che vedeva nella standardizzazione culturale la morte dell’arte autentica, perché Li dimostra che si può creare autenticità dal caos della globalizzazione.

Le sue ultime opere sulle manifestazioni urbane sono particolarmente incisive. La folla diventa un personaggio a sé stante, un Leviatano moderno che si contorce davanti ai nostri occhi. La violenza politica è sublimata in una strana celebrazione della resistenza umana. È Jacques Rancière in azione: la condivisione del sensibile diventa letterale, fisica, quasi palpabile.

Parliamo di tecnica, perché è lì che Li Tianbing eccelle davvero. Il suo uso dell’olio è magistrale, ma è nella fusione con le tecniche dell’inchiostro cinese che trova la sua voce unica. Crea profondità di campo che farebbero piangere un fotografo, giocando tra iperrealismo e astrazione con una facilità che ricorda Gerhard Richter, ma più incisiva, più urgente.

La formazione di Li alla École des Beaux-Arts di Parigi non lo ha reso un artista “occidentalizzato”, termine che detesto quanto i vernissage dove il vino punge le papille gustative. No, gli ha dato gli strumenti per creare un linguaggio visivo veramente ibrido. I suoi quadri sono come mantra visivi che ripetono instancabilmente: “Sono qui, siamo qui, anche se avete tentato di cancellarci”.

Quando guardo un’opera di Li Tianbing, non vedo solo un artista che domina il suo mezzo, vedo un alchimista che trasforma il piombo della propaganda in oro della verità personale. C’è qualcosa di profondamente sovversivo nel suo modo di deviare i codici visivi del realismo socialista per creare opere che mettono in discussione l’autorità stessa che ha plasmato la sua infanzia.

Ciò che mi piace particolarmente è che crea opere che funzionano simultaneamente su più livelli di lettura. A prima vista, potresti pensare di vedere scene di strada banali o ritratti di bambini. Ma guarda più attentamente, e vedrai emergere una critica sociale mordace, una meditazione filosofica sull’identità, e una riflessione profonda sulla natura stessa della rappresentazione.

Prendi il suo quadro “Recruitment”: quattro bambini che tengono dei volantini ufficiali. A prima vista, una semplice scena rurale. Ma osserva come i documenti sono posizionati: sulla bocca, sulle orecchie, quasi sugli occhi. È una rilettura moderna dei tre scimmie della saggezza, con una quarta che brandisce il suo volantino sopra la testa come per dire “non pensare”. Anche gli alberi morti sullo sfondo raccontano una storia, piegandosi verso il passato in un ciclo antiorario che simboleggia una regressione sociale. È Guy Debord in pittura, una critica dello spettacolo che usa gli stessi codici dello spettacolo per denunciarlo.

Li Tianbing non è solo un artista, è un cronista della metamorfosi cinese, un Kafka del pennello che trasforma l’incubo burocratico in poesia visiva. Le sue opere sono documenti storici del futuro, testimonianze di quel periodo cruciale in cui la Cina oscilla tra tradizione millenaria e modernità frenetica.

La solitudine che impregna il suo lavoro non è quella romantica dell’artista tormentato. È una solitudine sistemica, creata da decisioni politiche, una solitudine che ha plasmato un’intera generazione. Quando dipinge i suoi fratelli immaginari, non crea semplicemente compagni di gioco immaginari, dà forma a un trauma collettivo, materializza l’assenza.

Nelle sue scene urbane più recenti, la tensione tra individualità e collettività raggiunge il suo parossismo. I corpi si fondono l’uno nell’altro, creando masse umane che ricordano le sculture di Rodin, ma con un’urgenza tutta contemporanea. È come se Deleuze e Guattari avessero deciso di dipingere il loro concetto di “corpo senza organi”, una massa di carne sociale in perpetua riconfigurazione.

Li Tianbing è tutto fuorché un artista comodo. Non vi lascerà ammirare tranquillamente le sue opere annuendo con aria complice. No, vi costringe a confrontarvi con le contraddizioni della nostra epoca: tra memoria e oblio, tra individuo e collettivo, tra tradizione e rottura. È un artista che comprende che la bellezza può essere un’arma, che l’estetica può essere un atto di resistenza.

La sua opera è una lezione magistrale su come l’arte possa trascendere il personale per raggiungere l’universale, rimanendo profondamente radicata in un’esperienza specifica. È quello che Walter Benjamin chiamava la “riproducibilità tecnica” portata al suo parossismo paradossale: opere uniche che parlano di un’esperienza collettiva.

La padronanza tecnica di Li non è un fine a sé, è un mezzo per scavare più a fondo nella psiche collettiva della sua epoca. Le sue pennellate sono come colpi di bisturi che dissezionano il corpo sociale della Cina contemporanea. E ciò che rivela non è sempre piacevole da vedere, ma è sempre necessario.

Li Tianbing è più di un artista, è un testimone, un archivista dell’invisibile, un creatore di memorie alternative. Il suo lavoro ci ricorda che l’arte può ancora essere un vettore di verità, anche quando, o forse soprattutto quando, questa verità è costruita a partire da finzioni necessarie. Le sue opere non sono lì per decorare le vostre pareti, sono lì per infestare le vostre notti, per farvi riflettere su cosa significhi essere umani in un mondo che sembra sempre più perdere la sua umanità. E se questo vi mette a disagio, tanto meglio. L’arte non è fatta per essere comoda. Deve essere vera.

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Riferimento/i

LI Tianbing (1974)
Nome: Tianbing
Cognome: LI
Genere: Maschio
Nazionalità:

  • Cina

Età: 51 anni (2025)

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