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Martedì 18 Novembre

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Syozo Taniguchi : Il cavallo che portava il mondo

Pubblicato il: 21 Ottobre 2025

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 7 minuti

Syozo Taniguchi compone un universo popolato da cavalli con arti allungati che portano minuscole case sul dorso. Basato a Tokyo, questo artista utilizza pittura, scultura e video per creare spazi teatrali in cui si sviluppano profonde meditazioni sulla precarietà, il nomadismo e i territori dell’infanzia.

Ascoltatemi bene, banda di snob: Syozo Taniguchi non è il tipo di artista che potete mettere facilmente in una casella con un bel nastro concettuale. Nato nel 1990 nella prefettura di Ehime in Giappone, quest’uomo lavora con un’economia di mezzi che potrebbe sembrare disinvolta agli occhi frettolosi dei collezionisti. Tuttavia, nelle sue tele, sculture e video si dispiega una visione del mondo che merita di essere esaminata con attenzione meticolosa. I cavalli con arti allungati che popolano le sue composizioni non sono semplici motivi decorativi, così come le bambine con ali di farfalla o le minuscole case perennemente posate sul dorso degli equini non costituiscono una fantasia ingenua.

L’artista lavora da Tokyo con una diversità di mezzi che testimonia una vera inquietudine formale. Pittura acrilica, collage, scultura, video: nulla sembra sfuggirgli. Nel 2014, la sua partecipazione alla mostra collettiva “Horizon That Appears Out of The Sleepy Woods” alla Stephen Friedman Gallery di Londra, selezionata da Yoshitomo Nara, segna una svolta nel suo riconoscimento internazionale [1]. Lo stesso Nara scriveva che Taniguchi “produce una vasta quantità di pitture e disegni che esalano una sensibilità fresca e ci ricordano qualcosa di fondamentale nell’impulso dell’artista a fare arte” [1].

Sarebbe tentante vedere nell’opera di Taniguchi una semplice filiazione con l’estetica di Nara. Questa lettura perderebbe il nocciolo della questione. Taniguchi opera su un registro più complesso, dove la dolcezza apparente delle forme nasconde una profonda meditazione sui processi di trasformazione. I cavalli dagli occhi chiusi e dalla postura immobile portano sul loro dorso tutto il peso simbolico della memoria e dello sradicamento. Queste creature ibride incarnano una forma di nomadismo contemplativo, un’erranza che non è geografica ma psichica.

Questa dimensione nomadica trova un’eco singolare nella filosofia di Gilles Deleuze e Félix Guattari, particolarmente nel loro concetto di divenire-animale come esposto in “Mille Plateaux” [2]. Per Deleuze e Guattari, il divenire-animale non ha nulla a che fare con una metamorfosi letterale. Si tratta di un processo di deterritorializzazione, cioè un modo di lasciare un territorio stabilito per esplorare nuove zone di esperienza. Quando Deleuze e Guattari scrivono che “il divenire-animale è un rizoma, non un albero classificatorio o genealogico”, descrivono il tipo di rapporto che Taniguchi mantiene con i suoi motivi animali [2]. I cavalli dell’artista giapponese non rappresentano l’animalità in senso zoologico. Funzionano come vettori di trasformazione, linee di fuga che permettono all’artista e allo spettatore di fuggire dai territori convenuti dell’identità.

La casa che si poggia sulla schiena del cavallo, motivo ricorrente in “The Way Home 1; and 2” (2021), materializza questa tensione tra radicamento e vagabondaggio. La dimora, simbolo del territorio fisso, si trova spostata, mobile, soggetta ai movimenti imprevedibili della sua cavalcatura. Questa immagine condensa un’ansia contemporanea: quella di una generazione che deve costantemente rinegoziare il suo rapporto con il focolare, con la stabilità. Il cavallo bendato di Taniguchi, animale ferito che continua a portare il suo carico, incarna questa fragilità assunta, questa vulnerabilità che non si abbandona.

Le opere illustrano magnificamente la dialettica di Gilles Deleuze tra deterritorializzazione e riterritorializzazione. Le sue composizioni creano spazi simultaneamente reali e virtuali, familiari e strani. In “Light Rampaging in COCOON” (2023), l’artista usava il rosso per comporre quadri in cui la narrazione si dispiegava come un libro illustrato. Questo riferimento all’infanzia opera come strategia del diventare-bambino, altro concetto di Deleuze che designa non una regressione ma una capacità di mantenere aperte le possibilità creative, di rifiutare la fissazione identitaria imposta dall’età adulta.

Le automobili americane che appaiono regolarmente partecipano a questa logica. Veicoli del movimento, queste auto dalle forme cubiche portano spesso immagini di bambine alate. In “Unreliable Angel” (2023), una scultura presentava sul cofano una ragazza con ali di farfalla accompagnata dalla frase “THE FANTASY IS REAL”. Questa affermazione riassume l’ambizione di Taniguchi: rifiutare la separazione tra realtà e immaginazione. Il diventare-animale di Deleuze, ricordiamo, non è un fantasma ma un processo reale che influenza veramente i corpi e le coscienze.

I personaggi presentano proporzioni strane: gambe smisurate, teste sproporzionate, arti allungati. Queste deformazioni segnalano che questi corpi diventano altro, attraversati da forze che li superano. Le creature di Taniguchi abitano una zona di indistinguibilità: né umane né animali, né vive né fantomatiche. Esistono nello spazio del divenire.

La tavolozza cromatica contribuisce a questa atmosfera di in-between. I colori vivaci si affiancano a tonalità malinconiche. Il rosso che usa dal 2023 non è affatto innocente: è un rosso carnale, di sangue e di vita, che evoca contemporaneamente passione e ferita. In “The exciting and melancholic sun” (2020), Taniguchi descriveva di aver osservato un’alba pensando che “forse tutto sarebbe finito così”, e un tramonto pensando che “non sarebbe mai finito”. Questa temporalità paradossale caratterizza il divenire di Deleuze: un processo che evita il presente per esistere nella simultaneità di passato e futuro.

Le sculture di cavalli che produce dal 2021 danno corpo alle creature che infestano i suoi dipinti. In “Unreliable Angel”, diversi cavalli su piedistalli di altezze diverse creavano variazioni nel rapporto dello spettatore con l’opera. Non c’è un cavallo di Taniguchi ma una molteplicità di divenire-cavallo, ognuno che si attualizza differentemente secondo le condizioni del suo incontro con lo sguardo.

Il mercato ha mostrato un interesse marcato per il suo lavoro. Nel marzo 2024, l’opera “Work” (2016) è stata venduta da SBI Art Auction cinque volte il suo prezzo base, a 5 milioni di yen, circa 31.000 euro al martello. Questo riconoscimento comporta dei rischi: Taniguchi potrebbe diventare prigioniero dei suoi stessi motivi, riterritorializzarsi sui cavalli che hanno fatto il suo successo. L’artista sembra consapevole della trappola. Le sue esposizioni recenti mostrano la volontà di esplorare nuove variazioni.

La collaborazione con l’artista NAZE nel 2023 per “We Promised to Play in the Park at Night” illustra questa capacità di deterritorializzarsi. Questo confronto con un altro vocabolario plastico permette di sfuggire alla routine creativa. Il divenire non è mai solitario. Implica sempre un incontro, una contaminazione reciproca tra due serie eterogenee.

I titoli delle mostre al caffè Kichimu tra il 2016 e il 2021 disegnano una traiettoria significativa: “RUN”, “GOOD BYE MY GHOST”, “REBORN”, “Everybody is a Star”. Questi titoli evocano movimento, trasformazione, ma anche malinconia. Il fantasma da cui separarsi in “GOOD BYE MY GHOST” potrebbe essere letto come quelle identità fissate di cui parla Deleuze. Per diventare qualcosa di nuovo, bisogna accettare di perdere ciò che si era, attraversare zone d’indeterminatezza dove l’identità vacilla.

I libri illustrati a cui Taniguchi ha contribuito, in particolare “Oide, Alaska!” (2020) e “Goodbye, Spider-Man” (2017), rivelano un’altra faccia della sua pratica. Le storie trattano temi seri: terrorismo, perdita e lutto. La sua capacità di tradurre visivamente questi temi pesanti in un linguaggio accessibile ai bambini testimonia una comprensione di cosa significhi diventare-bambino. Non si tratta di produrre immagini rassicuranti, ma di creare uno spazio visivo in cui la complessità può essere compresa secondo modalità non lineari.

L’assenza di volti dettagliati merita un commento. I personaggi presentano lineamenti sommari e occhi chiusi. Questa economia evita il sentimentalismo. I cavalli con gli occhi chiusi rifiutano lo sguardo, rifiutano lo scambio emotivo diretto. Lo spettatore è invitato a sentire gli affetti che attraversano le composizioni nel loro insieme: la luce, il ritmo delle forme, le tensioni e le variazioni cromatiche. Il divenire-impercettibile, ultima tappa del divenire secondo Deleuze, passa per questa dissoluzione dell’identità personale.

L’angelo inaffidabile che dà il titolo alla mostra del 2023 condensa l’approccio di Taniguchi. Un angelo dovrebbe essere la guida, la protezione. Un angelo inaffidabile tradisce la sua funzione. Ma forse è proprio lì che risiede la sua verità. Gli angeli di Taniguchi, incarnati dai suoi cavalli feriti, dalle sue bambine fragili, non promettono alcuna salvezza garantita. Accompagnano senza proteggere, portano senza mai assicurare che non crolleranno. Questa fragilità assunta si oppone a ogni forma di monumentalismo. Il divenire è sempre precario, sempre minacciato dalla deterritorializzazione.

Una evidenza si impone: siamo di fronte a un artista il cui lavoro sviluppa una complessità concettuale considerevole sotto un’apparente semplicità. I cavalli che portano case incarnano una meditazione profonda sulla nostra condizione contemporanea, caratterizzata dalla mobilità forzata e dall’impossibilità di radicarsi duramente. Mobilitando le intuizioni filosofiche di Deleuze e Guattari sul divenire-animale, Taniguchi produce immagini che risuonano con l’esperienza di una generazione confrontata al crollo delle certezze, costretta a inventare nuove forme di appartenenza.

L’artista ha solo trentacinque anni. La sua carriera è appena iniziata. I pericoli che lo attendono sono numerosi: l’accademismo della ripetizione, la pressione del mercato che pretenderà sempre più cavalli e case. Tuttavia, la sua capacità di sperimentare con diversi medium, la sua volontà di collaborare, la sua attenzione ai modi alternativi di diffusione, indicano tutti un artista consapevole delle insidie. Il divenire richiede una vigilanza costante, uno sforzo permanente per resistere alla sedimentazione. Se Taniguchi riuscirà a mantenere questa linea difficile, la sua opera potrebbe diventare una delle testimonianze più giuste della nostra epoca paradossale, dove la mobilità generalizzata convive con un’aspirazione dolorosa all’ancoraggio. I cavalli continueranno ad avanzare, portando i loro carichi impossibili, rifiutando di promettere la minima destinazione certa, ed è proprio in questa assenza di garanzia che risiederà la loro verità.


  1. Stephen Friedman Gallery, “Horizon That Appears Out of The Sleepy Woods”, catalogo della mostra, Londra, aprile-giugno 2016.
  2. Gilles Deleuze e Félix Guattari, “Mille Piani : Capitalismo e schizofrenia”, Éditions de Minuit, Parigi, 1980.
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Riferimento/i

Syozo TANIGUCHI (1990)
Nome: Syozo
Cognome: TANIGUCHI
Altri nome/i:

  • 谷口 正造 (Giapponese)

Genere: Maschio
Nazionalità:

  • Giappone

Età: 35 anni (2025)

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