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Takako Yamaguchi: La geometria delle onde

Pubblicato il: 17 Febbraio 2025

Di: Hervé Lancelin

Categoria: Critica d’arte

Tempo di lettura: 8 minuti

Nei suoi quadri recenti, Takako Yamaguchi trasforma le onde in segni di un linguaggio visivo unico. Le nuvole si intrecciano come capelli, le montagne si delineano come sagome di kimono, la pioggia cade in linee geometriche perfette, creando una sintassi pittorica singolare.

Ascoltatemi bene, banda di snob, è giunto il momento di parlare di un’artista che ha fatto della sua marginalità una forza creativa senza pari. Takako Yamaguchi, questa pittrice con base a Los Angeles, ha trascorso più di quattro decenni a creare un’arte che sfida le nostre aspettative con un’eleganza provocatoria. Se pensate che vi servirò l’ennesima analisi formattata su un’artista asiatica che dipinge onde e nuvole, vi sbagliate. Yamaguchi è una ribelle sofisticata che trasforma i cliché in oro, letteralmente, poiché utilizza foglie di bronzo nelle sue opere più recenti.

Al di là di qualsiasi etichetta facile o categorizzazione rapida, Yamaguchi traccia il proprio percorso con una determinazione tranquilla. I suoi dipinti recenti, esposti presso Ortuzar Projects, sono composizioni monumentali di 150 per 100 centimetri che trascendono i confini tra astrazione e figurazione. Queste opere ci immergono in un universo dove le onde non sono più semplicemente onde, ma segnali di un linguaggio visivo sofisticato che mette in discussione il nostro stesso rapporto con la rappresentazione.

Ciò che è interessante nel lavoro di Yamaguchi è che crea ciò che Jean Baudrillard chiamerebbe “simulacri”, immagini che non rappresentano più la realtà ma diventano la loro stessa realtà. I suoi paesaggi marini non cercano di imitare la natura, creano una nuova natura, un nuovo ordine visivo che esiste parallelamente al mondo reale. Quando dipinge un’onda, non è una riproduzione di un’onda reale, ma l’idea stessa dell’onda, trasformata dalla sua immaginazione in qualcosa di più complesso e ambiguo.

Questo approccio al simulacro è particolarmente evidente nella sua serie di autoritratti iperrealisti degli anni 2010. Questi dipinti, che mostrano frammenti del suo corpo vestito con camicie e cardigan dettagliatamente curati, spingono il realismo fino a un punto in cui si trasforma in iperreale. Ogni piega del tessuto, ogni bottone, ogni punto di ricamo è reso con una precisione così ossessiva che queste immagini trascendono la loro funzione rappresentativa per diventare oggetti autonomi, realtà parallele che ci fanno dubitare della nostra stessa percezione.

Il concetto di simulacro di Baudrillard ci aiuta a comprendere come Yamaguchi utilizzi la precisione tecnica non per imitare la realtà, ma per creare una nuova forma di realtà pittorica. Nei suoi dipinti, gli abiti non sono più semplici vestiti, ma architetture complesse di tessuto che diventano paesaggi a sé stanti. Le pieghe e le texture sono rese con tale esattezza che cessano di essere rappresentazioni per diventare presenze autonome sulla tela.

Questa dimensione iperreale del suo lavoro è rafforzata dalla sua tecnica del “punctum”, concetto preso in prestito da Roland Barthes che indica quel dettaglio in un’immagine che provvede a trapassarci, turbarci, emozionarci. Nelle opere di Yamaguchi, il punctum non è un elemento unico ma una costellazione di dettagli che creano una tensione costante tra il familiare e lo strano, il reale e l’artificiale.

Prendiamo ad esempio i suoi recenti paesaggi marini. A prima vista, sembrano rappresentare scene naturali, onde, nuvole, orizzonti. Ma osservando più da vicino, si scopre che ogni elemento è stilizzato, geometricizzato, trasformato in un motivo che oscilla tra astrazione e figurazione. Le onde si ripetono come motivi di kimono, le nuvole si intrecciano come capelli, la pioggia cade in linee perfettamente dritte. La natura stessa diventa un alfabeto che l’artista usa per scrivere le proprie poesie visive.

Questo approccio fa di Yamaguchi un’artista profondamente contemporanea, anche se la sua tecnica può sembrare tradizionale. Lei comprende che nel nostro mondo saturo di immagini, la domanda non è più rappresentare la realtà, ma creare nuove realtà visive che ci facciano riflettere sul nostro rapporto con le immagini. I suoi dipinti non sono finestre sul mondo, ma specchi che ci restituiscono le nostre stesse aspettative e pregiudizi su cosa dovrebbe essere l’arte.

Il suo uso della foglia d’oro nelle sue opere recenti aggiunge un’altra dimensione a questa esplorazione. Il materiale metallico crea riflessi mutevoli che trasformano la superficie del dipinto in uno spazio dinamico, instabile, che si rifiuta di fissarsi su un’unica interpretazione. È come se l’artista ci dicesse che anche la superficie di un dipinto non è un dato fisso, ma uno spazio di possibilità infinite.

La critica ha spesso cercato di categorizzare Yamaguchi associandola al movimento Pattern & Decoration degli anni ’70. Ma questa associazione, sebbene non priva di rilevanza, non rende giustizia alla complessità del suo approccio. Certamente, condivide con questo movimento un interesse per le arti decorative e una volontà di riabilitare tradizioni artistiche marginalizzate. Ma il suo approccio va ben oltre una semplice riabilitazione del decorativo.

Ciò che distingue Yamaguchi è la sua capacità di creare quelle che lei chiama “astrazioni a ritroso”. Invece di seguire la strada tradizionale dell’arte moderna che va dalla figurazione all’astrazione, parte dall’astrazione per tornare a una forma di figurazione ambigua. Questo percorso non è un semplice esercizio formale, ma una riflessione profonda sulla natura stessa della rappresentazione nell’arte contemporanea.

In suoi quadri recenti, questo approccio raggiunge una nuova maturità. I paesaggi marini che crea non sono semplicemente un miscuglio di stili orientali e occidentali, ma spazi pittorici completamente nuovi in cui le tradizioni artistiche si dissolvono per formare qualcosa di inedito. La linea dell’orizzonte che attraversa i suoi quadri non è tanto una divisione quanto un punto d’incontro, un luogo dove le opposizioni si trasformano in dialoghi.

L’artista sviluppa quella che chiama una “poetica della dissidenza”, un approccio che consiste nel lavorare con elementi considerati minori o marginali dalla storia ufficiale dell’arte. Si interessa ai “rifiuti degli ideali abbandonati”, come dice lei stessa, trasformando ciò che è stato respinto dal modernismo, la decorazione, la moda, la bellezza, la sentimentalità, in materia prima della sua arte.

Questa strategia è particolarmente evidente nella sua serie “Smoking Women” degli anni 1990, che ha recentemente raggiunto prezzi record nelle aste. Questi quadri, che mescolano riferimenti all’Art déco, alle stampe giapponesi e alla cultura pop, creano un universo visivo in cui i cliché sull’esotismo e la femminilità sono sottilmente sovvertiti. La donna che fuma, tradizionalmente simbolo di decadenza occidentale, è reinventata attraverso la lente di un’estetica transculturale.

Il successo tardivo di Yamaguchi sul mercato dell’arte, con alcune sue opere che superano ora il milione di euro nelle vendite all’asta, è sia un riconoscimento meritato che un’ironia del destino. Perché il suo lavoro è sempre stato una critica sottile ai valori mercantili e alle gerarchie culturali che dominano il mondo dell’arte.

Nel suo studio a Los Angeles, continua a produrre circa sette quadri all’anno, ciascuno dei quali richiede mesi di lavoro meticoloso. Questa lentezza deliberata è di per sé un atto di resistenza nella nostra epoca di accelerazione costante. Ogni quadro è il risultato di una meditazione prolungata sulla natura dell’arte, dell’identità e della rappresentazione.

Le opere esposte nel 2024 alla Biennale del Whitney Museum of American Art dimostrano che continua a reinventarsi. I suoi nuovi quadri incorporano motivi meteorologici, nuvole, onde, pioggia, ma in un modo che trascende la semplice rappresentazione. Sono fenomeni naturali visti attraverso la lente dell’immaginazione artistica, trasformati in segni di un linguaggio visivo personale.

L’uso della geometria in questi quadri è particolarmente sofisticato. Zigzag, spirali, trecce che attraversano le sue composizioni non sono semplici motivi decorativi, ma elementi strutturali che organizzano lo spazio pittorico secondo una logica che non è né totalmente occidentale né interamente orientale. È come se Yamaguchi avesse inventato una nuova sintassi visiva, capace di esprimere idee che sfuggono al linguaggio tradizionale della pittura.

C’è qualcosa di profondamente politico in questo approccio, anche se non è immediatamente evidente. Rifiutandosi di conformarsi alle aspettative, mescolando le tradizioni con libertà totale, Yamaguchi mette in discussione le gerarchie culturali stabilite. Non lo fa in modo aggressivo o didattico, ma con una sottigliezza che rende il suo messaggio tanto più potente.

Il suo lavoro ci ricorda che l’arte non è un sistema chiuso con regole fisse, ma uno spazio di possibilità infinite. Quando dipinge un’onda, non è solo un’onda, è una proposta filosofica sulla natura della rappresentazione, una riflessione sull’identità culturale, un’esplorazione dei limiti tra astrazione e figurazione.

Questa complessità si riflette nella sua tecnica pittorica. Yamaguchi lavora con una precisione quasi scientifica, costruendo i suoi quadri strato dopo strato, dettaglio dopo dettaglio. Ma questa rigorosa tecnica non è mai un fine a sé stessa. Essa è al servizio di una visione artistica che cerca di creare non immagini del mondo, ma mondi in immagini.

Il riconoscimento istituzionale comincia finalmente a seguire il successo commerciale. Il Museum of Contemporary Art di Los Angeles sta preparando una importante mostra personale del suo lavoro, “MOCA Focus: Takako Yamaguchi”, che aprirà nel giugno 2025. Questa mostra sarà l’occasione per vedere come i diversi periodi del suo lavoro si articolano e rispondono, formando un corpus coerente nonostante la sua apparente diversità.

Nel frattempo, le sue opere continuano a farci interrogare sulla natura stessa dell’arte e della rappresentazione. In un mondo saturo di immagini, dove la realtà e la sua rappresentazione si confondono sempre di più, il lavoro di Yamaguchi ci ricorda che la pittura può ancora essere uno spazio di resistenza e di riflessione critica.

È giunto il momento di riconoscere Takako Yamaguchi non come una semplice abilissima praticante, ma come una delle artiste più sofisticate e originali della nostra epoca. Il suo lavoro mostra che è possibile creare un’arte che sia allo stesso tempo profondamente personale e universalmente significativa, tecnicamente virtuosa e concettualmente complessa.

Quindi la prossima volta che vi troverete davanti a uno dei suoi quadri, prendetevi il tempo per guardarlo davvero. Lasciatevi trasportare dal ritmo delle sue onde geometriche, perdetevi nei suoi cieli impossibili, meditate sui suoi orizzonti che sono tante frontiere da superare. Perché nell’arte di Yamaguchi ogni quadro è un invito a ripensare il nostro rapporto con l’immagine, l’identità e la bellezza stessa.

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Riferimento/i

Takako YAMAGUCHI (1952)
Nome: Takako
Cognome: YAMAGUCHI
Altri nome/i:

  • 山口隆子 (Giapponese)

Genere: Femmina
Nazionalità:

  • Giappone

Età: 73 anni (2025)

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