Ascoltatemi bene, banda di snob: mentre vi estasiate davanti alle eterne ripetizioni del mercato dell’arte contemporanea occidentale, un uomo disegna ciminiere fumanti sulle rovine industriali della Cina. Yan Cong, nato nel 1983 nella provincia di Hubei con il nome di Peng Han, ha scelto come pseudonimo la parola cinese per “ciminiera”, una scelta che non è affatto casuale per chi vuole capire la sua opera. Questa ciminiera che evoca costantemente, quella che vomita fumo nero sui paesaggi periferici degradati dell’Impero di Mezzo, diventa sotto il suo pennello il simbolo di una bellezza aspra e di un’estetica del declino.
Laureato alla Central Academy of Fine Arts di Pechino, dove ha studiato pittura tradizionale cinese, Yan Cong ha rapidamente abbandonato i sentieri convenzionali per rivolgersi al fumetto, quel medium disprezzato che la Cina considera ancora una letteratura per bambini. Ma ecco il colpo di genio: quest’uomo non fa fumetti. Crea storie grafiche che prendono in prestito tanto dalla pittura acrilica quanto dal collage, tanto dall’arte brut quanto dall’espressionismo tedesco, e che rifiutano ostinatamente di conformarsi alle categorie stabilite. Rappresentato dalla Star Gallery di Pechino e dalla Leo Gallery di Hong Kong, naviga tra le gallerie d’arte contemporanea e le pubblicazioni underground, tra esposizioni museali e fanzine fotocopiate vendute sottobanco.
Ciò che colpisce immediatamente nell’universo di Yan Cong è questa inaspettata filiazione con l’espressionismo tedesco, eredità che lo stesso artista rivendica citando l’influenza determinante di Anke Feuchtenberger sul suo lavoro. L’artista tedesca, nata a Berlino Est nel 1963, ha sviluppato dagli anni ’90 un’estetica che attinge alle tradizioni della xilografia e del cinema espressionista tedesco. Professore presso l’Università delle Scienze Applicate di Amburgo dal 1997, Feuchtenberger ha ridefinito il potenziale del fumetto come forma d’arte attraverso il suo impegno con diverse fonti e nuove tecniche di narrazione grafica [1]. Yan Cong confessa: “Probabilmente è sotto l’influenza dei lavori di Anke Feuchtenberger che disegno persone con teste di animali. Infatti, non avevo mai davvero disegnato animali prima di vedere i suoi lavori… Lei ha veramente avuto una enorme influenza su di me!” [2].
Questa connessione tra un artista cinese contemporaneo e l’avanguardia tedesca non è solo una questione di influenza stilistica. Rivela una profonda parentela nell’approccio al medium e nella volontà di sovvertire le convenzioni stabilite. Proprio come Feuchtenberger e il collettivo PGH Glühende Zukunft hanno utilizzato l’estetica della xilografia espressionista per differenziarsi sia dal neoespressionismo dell’Est tedesco sia dal realismo socialista imposto dallo Stato, Yan Cong impiega personaggi con teste di animali e scenari industriali desolati per creare un linguaggio visivo che sfugge alle categorie tradizionali del fumetto cinese. Le sue creature ibride, metà uomo metà bestia, vagano in paesaggi urbani decomposti dove fabbriche abbandonate e strutture metalliche arrugginite creano un’atmosfera che non è né del tutto realistica né francamente fantastica.
L’espressionismo tedesco, con i suoi corpi deformati e i suoi spazi claustrofobici, è sempre stato un’arte di critica sociale e di disagio esistenziale. Artisti come George Grosz e Otto Dix, la cui estetica si ritrova nel lavoro di Feuchtenberger, utilizzavano la distorsione formale per svelare le tensioni sottostanti della società tedesca tra le due guerre. Yan Cong, senza cadere nell’imitazione servile, si appropria di questa tradizione per documentare la propria realtà: quella di una Cina in rapido mutamento dove le zone periurbane diventano terra di nessuno tra modernità e tradizione, tra sviluppo e degrado. I suoi scenari, spesso trovati su internet piuttosto che fotografati direttamente, acquisiscono attraverso questo processo di mediazione digitale una particolare qualità di straniamento. Lui spiega: “Mi piacciono questi scenari periurbani fatiscenti. Mi danno una sensazione di strana freschezza… Quando guardo questi paesaggi, spero sempre che succeda qualcosa” [2].
Questa attesa di qualcosa che potrebbe accadere in questi spazi desolati costituisce forse il cuore della stessa opera artistica di Yan Cong. I suoi racconti, lontani dall’essere narrazioni lineari convenzionali, funzionano come esplorazioni poetiche di spazio e tempo. I suoi fumetti, pubblicati in Cina ma anche in Europa da editori come Canicola in Italia e Atrabile in Svizzera, resistono a una facile classificazione. Sono autobiografici? Fiction? Il confine rimane volutamente sfumato, con l’artista che si mette in scena stesso in racconti che mescolano esperienze vissute e fantasie immaginarie.
Il rapporto di Yan Cong con la narrazione rivela una concezione particolare del fumetto come forma d’arte. Contrariamente alla tradizione manga giapponese che domina il mercato cinese, o ai supereroi americani che strutturano l’immaginario occidentale del medium, il suo lavoro privilegia un approccio vicino alla poesia grafica. Le sue tavole non cercano di raccontare una storia nel senso tradizionale del termine, ma piuttosto di creare un’atmosfera, di suggerire connessioni emotive tra le immagini. Questo approccio risuona in ciò che dice del lavoro del disegnatore: “Una parte importante del lavoro del disegnatore è guidare il pubblico attraverso l’opera”. Nella sua opera esposta al padiglione Shanghai MoCA intitolata “What to Do When You’re Feeling Dispirited”, raccoglie lavori creati durante periodi di malinconia, trasformando l’umore depressivo in materiale artistico.
Questa dimensione narrativa non convenzionale si ritrova nella sua pratica poliedrica che rifiuta di rinchiudersi in un solo medium. Yan Cong lavora sicuramente con il fumetto, ma anche con la pittura acrilica, il collage, la cucitura. Nel 2014, influenzato dall’artista giapponese Shinro Ohtake, si è lanciato in una serie di collage realizzati senza design preliminare, semplicemente raccogliendo e assemblando materiali trovati. Questa pratica del collage, che produce circa 120 pezzi in due mesi, testimonia la sua continua ricerca di nuovi metodi per sfuggire all’inerzia creativa. Come spiega: “Cerco sempre di esplorare e di godere di una sensazione di perdita di controllo, cerco di evitare l’inerzia che mi farebbe produrre cose vecchie”.
Il posizionamento di Yan Cong rispetto al mercato dell’arte rivela anche le tensioni particolari che attraversano la scena artistica cinese contemporanea. Membro del collettivo Special Comix, antologia di fumetti alternativi stampata in un numero tra 1.000 e 2.000 copie, si muove in un ambiente dove la censura governativa rimane onnipresente. Nel 2014, organizza l’antologia “Naked Body”, risposta diretta al divieto della nudità nelle pubblicazioni stampate in Cina: un appello aperto per fumetti di cinque pagine in cui tutti i personaggi principali dovevano essere nudi. Questo gesto di resistenza culturale, al contempo sovversivo e ludico, illustra come gli artisti cinesi indipendenti navigano tra vincoli politici ed espressione creativa.
Yan Cong incarna questa generazione di artisti cinesi che rifiutano la dicotomia tra arte contemporanea e cultura popolare. Le sue opere originali si vendono nelle gallerie d’arte, ma i suoi fumetti circolano anche online, in pubblicazioni pirata, in fanzine fotocopiate. Collabora con gallerie commerciali mantenendo però la sua indipendenza editoriale, creando persino la sua propria pubblicazione “Narrative Addiction” dopo essersi ritirato dalla squadra editoriale di Special Comix. Questa posizione interstiziale, scomoda ma fertile, gli consente di mettere in discussione i confini tra i medium e i circuiti di distribuzione.
In un’intervista, Yan Cong dichiara di voler “rafforzare la relazione tra il fumetto e l’arte contemporanea” e spera di “sovvertire la comprensione del pubblico sul fumetto attraverso la combinazione di fumetto e pittura a cavalletto”. Aggiunge: “Voglio solo che sappiano che il fumetto non può essere assente dalla comunità dell’arte contemporanea, perché penso sempre che il fumetto faccia parte dell’arte contemporanea, anche se le abitudini visive di tutti non sono cambiate” [3].
Ecco dunque il progetto: costringere le istituzioni artistiche a riconoscere il fumetto come forma legittima di espressione contemporanea, non abbandonando le specificità del medium ma al contrario affermandole. I personaggi ibridi di Yan Cong, i suoi paesaggi industriali desolati, i suoi racconti non lineari non sono compromessi tra fumetto e arte contemporanea, ma opere che esistono pienamente in entrambi i campi simultaneamente. Questa doppia appartenenza, lungi dal indebolire il suo lavoro, costituisce la sua forza principale.
Yan Cong ci ricorda che le gerarchie tra i media artistici restano costruzioni sociali arbitrarie che dicono più sui nostri pregiudizi culturali che sul valore intrinseco delle opere. Le sue ciminiere fumanti, i suoi animali con volti umani, le sue fabbriche abbandonate propongono una poetica del declino e della trasformazione che risuona ben oltre i confini cinesi. In un mondo dove l’arte contemporanea si consuma spesso nella ripetizione dei propri codici, dove il fumetto fatica a uscire dal ghetto culturale che lo rinchiude, il lavoro di Yan Cong apre prospettive nuove. Non si tratta di celebrare ingenuamente una presunta fusione dei generi, ma di riconoscere che esistono artisti capaci di lavorare simultaneamente in più registri senza sottomettersi alle logiche dominanti di nessuno.
La lezione è semplice ma salutare: l’arte non si definisce né dal supporto né dai circuiti di distribuzione, ma dalla capacità dell’artista di creare forme che ci costringono a ripensare le nostre categorie. Yan Cong, dal suo atelier di Pechino, continua a disegnare le sue ciminiere fumanti sulle macerie delle nostre certezze estetiche. E mentre vi chiedete ancora se sia fumetto o arte contemporanea, lui è già passato ad altro.
- Elizabeth Nijdam, “”Disegnare per me significa comunicare”: Anke Feuchtenberger e i fumetti d’arte tedeschi dopo il 1989″, tesi, University of Michigan, 2017.
- Intervista con Yan Cong da parte di Voitachewski, 2012.
- Sixi Museum, “Yan Cong – Overview”, documentazione d’artista, consultata in ottobre 2025.
















